Un gesto d’affetto contro l’indifferenza

rifugiati1La foto scelta per aprire questo numero de il Portico è una tra quelle vincitrici del premio Pulitzer, assegnato ogni anno a giornalisti capaci di raccontare la storia o le storie, come insegnano i docenti universitari, che più di altre hanno colpito il lettore.

L’immagine di Yannis Behrakis, dell’agenzia Reuters del 10 settembre 2015, che ritrae un profugo siriano mentre bacia la propria figlia camminando nella tempesta verso il confine tra Grecia e Macedonia, vicino a Idomeni, è il simbolo di una realtà agghiacciante, che interessa, pur marginalmente, anche la Sardegna.

Negli ultimi giorni oltre mille persone sono sbarcate a Cagliari: per il 10% si è trattato di minori non accompagnati. In qualche parte del Sud del mondo un padre e una madre hanno deciso di separarsi dai propri figli spingendoli alla ricerca di un futuro meno incerto: una scelta devastante e dolorosa per chiunque, specie per chi è genitore.

A leggere i testi dei cosiddetti «leoni da tastiera», quelli che lanciano improperi sulla rete, si accappona la pelle, tanto è alto il livore delle dichiarazioni e la bassezza di alcuni post.

Chi è costretto a mettere a rischio la vita del proprio figlio per cercare nuove opportunità è davvero disperato: è uno che mette a rischio il futuro della propria famiglia.

E allora l’invito del Papa ad accogliere le persone che fuggono dal Sud del mondo va tenuto a mente, anche in una regione povera e ai margini come la Sardegna.

«I rifugiati aveva detto lo scorso 19 giugno Francesco alla vigilia della Giornata mondiale sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici. Le loro storie e i loro volti ci chiamano a rinnovare l’impegno per costruire la pace nella giustizia. Per questo vogliamo stare con loro: incontrarli, accoglierli, ascoltarli, per diventare insieme artigiani di pace secondo la volontà di Dio».

Nell’Isola si fa fatica a trovare una soluzione relativa a un unico centro di accoglienza primario, mentre alcune strutture ricettive mostrano carenze e nel contempo la lunga permanenza dei migranti rende problematica la gestione dell’accoglienza.

Nei giorni scorsi alcuni responsabili delle politiche sociali in diversi comuni dell’Isola hanno ribadito la necessità di coinvolgere un’ampia rappresentatività delle pubbliche istituzioni, di soggetti privati e del volontariato per rendersi protagonisti della progettazione di percorsi inclusivi.

Unire le forze per trovare soluzioni comuni: è quanto viene evidenziato anche dalla recente dichiarazione congiunta firmata in Armenia da papa Francesco e dal Patriarca Karekin II. «Chiediamo ai fedeli delle nostre Chiese – si legge – di aprire i loro cuori alle vittime della guerra e del terrorismo, ai rifugiati e alle loro famiglie. È in gioco il senso stesso della nostra umanità, della nostra solidarietà e generosità, che può essere espresso in modo appropriato solamente con un immediato impiego di risorse».

Se ne è parlato anche nei giorni scorsi a Cagliari in Seminario, dove sono state presentate  esperienze nelle quali l’accoglienza viene messa in atto pur tra mille difficoltà.

Si tratta di quella foresta che cresce e di cui nessuno parla, eppure cresce.

Volontari, uomini e donne, che prestano il loro tempo a servizio di chi ha perso tutto e a volte tutti, genitori e parenti compresi, e che attende una carezza o un gesto d’affetto, proprio come quello immortalato dalla foto.

Roberto Comparetti

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