Amerai il Signore tuo Dio e il tuo prossimo XXX domenica del T. O. (Anno A)

INDIA - OCTOBER 01: Mother Teresa and the poor in Calcutta, India in October, 1979. (Photo by Jean-Claude FRANCOLON/Gamma-Rapho via Getty Images)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

(Mt 22,34-40)

 Commento a cura di Christian m. Steiner

La terza domanda d’inciampo della Settimana Santa, stavolta confezionata da parte dei farisei per Gesù, ci regala una risposta preziosa. Prima di tutto la risposta di Gesù alla domanda sul «mega-comandamento», sul comandamento più grande, ci svela ciò che il cuore, l’anima e la mente di Gesù fanno normalmente e costantemente.

La domanda «quale è il più grande comandamento?” di fatto vorrebbe chiarire quale azione mi rende più gradito a Dio. Essendo Gesù in totale sintonia con Dio, come gli stessi suoi avversari gli hanno appena attestato (vedi domenica scorsa), la sua risposta è una vera e propria rivelazione di se stesso. A seguito della sua risposta Gesù stesso avrebbe potuto dire: «Io amo il mio Dio (letteralmente) in tutto il mio cuore, in tutta la mia anima e in tutta la mia mente. E amo il prossimo come me stesso». Nella dinamica del Vangelo di Matteo, questa rivelazione di Gesù ha un posto centrale. Tutto ciò che Gesù dice e fa nel Vangelo è manifestazione e attuazione del suo amore totale verso Dio, verso se stesso e verso il suo prossimo. Per questo motivo predica e guarisce, per questo motivo patisce, muore e risorge. E, per questo motivo, vuole immergere ogni persona umana nel nome, nella vita, nella gioia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28).

L’amore di Gesù verso Dio, verso se stesso e verso il prossimo, vale a dire verso il lettore, è l’anima di tutto il Vangelo, lo muove, lo fa esistere e lo rende intelligibile. Ma il Vangelo di Matteo non solo descrive l’amore di Gesù in 28 capitoli. In conclusione, l’evangelista sorprende il lettore: con l’immersione battesimale ognuno diventa infatti partecipe dello stesso amore di Gesù.

Il battezzato è immerso interamente con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente nell’Amore onnipresente divino ed umano di Gesù risorto. Ma quasi nessuno se ne accorge, anche se i doni cresimali avrebbero il potere di attuare una vera e propria consapevolezza battesimale a tutti i livelli della nostra esistenza.

La storia umana, intesa come storia di salvezza, è il modo con il quale Dio si rivela a noi e ci fa conoscere sempre più aspetti della sua vita. Nel tempo della Chiesa – nella pienezza dei tempi non solo vuole aumentare la conoscenza che ogni essere umano può avere di lui, ma desidera arricchire, attraverso il battesimo, il modo concreto di partecipazione alla sua vita umana e divina. Ogni secolo offre nuovi modi di prendere coscienza della vita immensa nella quale la Chiesa è immersa. Dopo due millenni abbiamo esplorato solo una minima parte della vita illimitata di Gesù, del Padre e dello Spirito Santo. Che cosa vuole dire oggi partecipare all’amore che Gesù ha per Dio, per se stesso e per il prossimo?

Una delle caratteristiche dell’amore attuale è la partecipazione consapevole a un numero maggiore di caratteristiche della vita della persona amata. Tutti gli innamorati si raccontano vicendevolmente le proprie vite con il desiderio di rendere la persona amata partecipe della propria vita e di partecipare alla vita della persona amata. Quanto vale per gli innamorati di oggi, vale infinitamente di più per Gesù, per la grande e onnipresente Trinità, Amore infinito. Perciò è Gesù stesso che desidera che io cominci ad amare tutte le sue caratteristiche divine ed umane. Anzi lui muore e risorge per me proprio per arricchire la mia percezione della vita con la sua onnipresenza. Lui si dona nell’Eucaristia per nutrire la mia consapevolezza di me con la sua bontà infinita, con la sua gioia per il tempo e per lo spazio.

Gesù vorrebbe che la sua intelligenza «trinitaria» fosse per me casa e luce gioiosa del mio quotidiano risveglio, e caratterizzasse la percezione di fondo di ogni giorno. Il senso del segno della croce, che ovunque ci può accompagnare, sarebbe proprio questa crescente consapevolezza appunto battesimale. E, dulcis in fundo, questo modo di partecipare al modo totale di amare di Gesù ci nutre persino dell’amore sempre fresco e indistruttibile che Gesù ha per noi stessi.

Ecco un frutto genuino della modernità: la liberazione dalla relazione con noi stessi che ci costringe a prendere posizione di fronte alla propria vita ogni giorno e ci obbliga a chiederci ogni giorno: come si relaziona Gesù alla mia persona?

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