Se aveste fede quanto un granello di senape XXVII Domenica del tempo ordinario (anno c) - 2 ottobre 2016

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».

Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

(Lc 17, 5-10)


Commento a cura di Andrea Busia

I discepoli si rendono conto di essere carenti dal punto di vista della fede quando Gesù invita loro al perdono con le parole: «Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai» (Lc 17,3-4). Quando vengono messi di fronte alle esigenze radicali della vita cristiana, dell’amore cristiano, essi si rendono conto che la strada da fare è ancora lunga ma, ancora di più, diventa loro evidente che non possono continuare a ragionare guardando a loro stessi e solo dopo alle esigenze del loro discepolato. La fede in Dio, la fiducia in Lui, quella che Lui ci chiede, è totalizzante: non possiamo arrivare alla perfezione se cerchiamo in noi stessi, nel potere, nel denaro la nostra realizzazione.

La risposta di Gesù alla richiesta dei discepoli è molto chiara: «anche un granello di senape è eccessivo come metro di paragone per la vostra fede». C’è ancora tanta strada da fare perché noi siamo sempre portati a tenere il piede in due staffe: ci fidiamo di Dio ma fino a un certo punto. Nel momento stesso in cui chiediamo qualcosa ci può balenare il dubbio che non saremo ascoltati ed esauditi. È una delle conseguenze del peccato originale: la rottura del rapporto fiduciale tra Dio e l’uomo a motivo della nostra infedeltà.

Per fortuna Dio è rimasto fedele, tanto che ha mandato il suo Figlio, il quale però non si è limitato a fare tutto da solo, morendo sulla croce e salvandoci dai nostri peccati, ma ha anche insegnato, ammonito, corretto, ci ha ─ in altre parole ─ indicato la strada per rimanere in quella fedeltà che Lui ha riconquistato per noi sulla croce. E noi siamo fortemente invitati ad ascoltare le sue parole e a realizzare nella vita i suoi insegnamenti.

La seconda parte della parabola si pone in una continuità non evidentissima con ciò che procede, ma ─ di fatto ─ riprende comunque il tema dell’affidamento totale di sé a Dio di cui abbiamo già parlato.

Il servo che compie il suo dovere, che dovrebbe rappresentare tutti noi, è chiamato a riconoscere la sua inutilità, non nel senso che ciò che ha fatto è irrilevante, è come se non l’avesse fatto, ma nel senso che questo servo da ciò che ha fatto non ha ottenuto nessuna «utilità personale», nessuna gratificazione, nessuna paga, perché ciò che ha fatto è stato solo il suo dovere. Il rapporto genitore-figlio è forse utile a spiegare in maniera un po’ più chiara: perché una madre sola che, nel cuore della notte, sente il suo bambino di pochi mesi piangere, dovrebbe alzarsi e accudirlo anziché mettersi i tappi nelle orecchie e continuare a dormire?

Non c’è nessuno che possa notare neppure che è una brava mamma, neanche il bambino può ringraziarla perché è troppo piccolo, nessuno la paga per questo servizio, ma nonostante tutto lei lo fa e non pensa neppure se è il caso di farlo o di mettersi i tappi nelle orecchie e lasciarlo piangere, e lo fa per amore e per dovere anche se sa che non ne riceverà alcun beneficio sociale o materiale. Come la madre di questo esempio anche noi siamo chiamati a compiere le opere di Dio gratuitamente, a mantenerci fedeli alla nostra vocazione cristiana gratuitamente, non per essere lodati dagli altri, né per essere ringraziati da chi aiutiamo, ma per essere coerenti con il posto che occupiamo che è quello di figli di Dio e per essere suoi «fedeli» discepoli.

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