I contadini videro il figlio, lo presero e lo uccisero XXVII DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)

parola di DioDal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto per mio figlio!. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

(Mt 21,33-43)

Commento a cura di Christian M. Steiner

«Ascoltate un’altra parabola». Gesù insiste. Gesù rincara la dose.

Il suo amore abissale per i «suoi sommi sacerdoti», per i «suoi farisei», per i «suoi scribi» spinge la sua fantasia divina e umana a trovare nuove parole nelle quali i suoi avversari possano ritrovarsi e cambiare la percezione e l’immagine che si sono fatti di lui.

La vicinanza della Pasqua, che sempre di più alberga, plasma e caratterizza il pensiero, l’animo e il cuore di Gesù, prende forma sempre più insistente nella sua parola.

Il racconto della vigna – identificata da Isaia, Osea e dal Cantico dei Cantici con Israele intesa come sposa del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe – comunica agli ascoltatori di Gesù lo sforzo storico di Dio, di conquistare i capi di Israele per la sua vera vita attiva nella storia di Israele. Con scarso successo, anzi con netto e crudele rifiuto da parte dei destinatari.

Dopo i primi due rifiuti, molto imprudentemente, il padrone della vigna, invece di inviare un esercito per punire i suoi contadini perfidi, cambia completamente tattica. Invia il suo figlio «da solo».

In modo straordinario, la svolta inaspettata della trama della parabola evidenzia la percezione divina della propria incarnazione. Dopo secoli di infruttuosi corteggiamenti, attraverso «i miei servi», vale a dire i profeti, ora mi espongo a voi nel Figlio, l’unico mio figlio, l’amato, l’unigenito. «Avranno rispetto del mio figlio»: dietro questa frase, quasi ingenua, si cela l’abisso del divino abbandonarsi alla sua vigna, a Israele prima, e alla Chiesa poi.

Isaia ci ricorda il contesto nuziale della parabola sulla vigna, che lui, Isaia, canta per il suo diletto, il Signore degli eserciti, a favore della sua sposa Israele. Gesù appare così come continuatore del canto nuziale per la «vigna», per la sua amata Israele, per la sua amata Chiesa, per la sua amata famiglia umana.

Come immaginare l’amore nuziale di Cristo per noi, per ciascuno di noi, che affiora in questa parabola? Se sommassimo tutti gli innamoramenti e amori che si sono realizzati nella storia umana avremmo solo un piccolissimo assaggio di quanto la Trinità onnipresente prova per ogni essere umano.

I Vangeli non si stancano a ripeterci che, per Gesù, sia la folla sia il singolo, sono un evento «viscerale» (quando leggiamo: «prova compassione», gli evangelisti scrivono letteralmente: «si torcono le sue viscere»).

In termini pasquali: Gesù mi ama da morire e mi fa risorgere per essere pietra angolare della convinzione, incrollabile, del mio amore indistruttibile e incondizionato nei suoi confronti.

Per donarci l’evidenza sensibile e la memoria quotidiana, Dio ha scelto la figura vertiginosa del pane e del vino «perché avranno rispetto del mio Figlio», saranno cioè allietati dal suo «sapore».

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