Costruiamo la pace con chi abbiamo accanto Ospite della Marcia della Pace, don Maurizio Patriciello, parroco a Caivano, nella cosiddetta Terra dei fuochi, ha indicato la strada per una pacifica convivenza

evidenza-copia«Tu pensi che chi non è capace di voler bene al proprio figlio sia in grado voler bene a me?».

Con questa domanda esordisce don Maurizio Patriciello, parroco a Caivano, nella diocesi di Aversa, in Campania, in quella zona nota come la «Terra dei fuochi» dove il degrado, non solo ambientale, è molto forte.

Lo scorso 29 dicembre a Cagliari, per la la 30ma edizione della Marcia della Pace, don Maurizio ha sollecitato i presenti a cambiare approccio  nei confronti del tema della pace. «Dobbiamo ─ ha detto il sacerdote ─ cominciare a costruire rapporti di pace a scuola, in famiglia, nelle parrocchie e nelle associazioni. Perché la Chiesa insiste tanto sulla centralità della famiglia? Perché è lì che si costruiscono i rapporti: la mamma e il papà aiutano ad amare e a perdonare anche una offesa. È nella scuola che si apprendono le modalità con le quali dialogare  con gli altri».

Purtroppo però la famiglia, come la scuola, a volte manca. «In questi casi ─ ha ripreso il prete ─ le conseguenze si fanno sentire, per cui è necessario iniziare dalle piccole cose. Non possiamo pretendere che le grandi potenze mondiali trovino accordi se noi non riusciamo a vivere in pace. Possiamo chiedere di fare il loro dovere e dirimere eventuali contrasti, ma tutto parte dal rapporto che abbiamo con chi ci è vicino: nelle famiglie, in un condominio o nel quartiere».

Il tema della mancanza di lavoro è stato tra quelli proposti dal sacerdote campano. «Sono sacerdote in un quartiere molto povero ─ ha detto ─ dove la povertà intesa come la possibilità di avere il necessario, dalle scarpe al cibo, è vissuta con dignità. Quando invece a mancare è il cibo, il denaro per pagare la bombola del gas o la bolletta per l’elettricità, allora siamo alla miseria. Qui scatta un meccanismo che porta a fare scelte estreme, come vendere tutto ciò che si ha, fino a cadere nel giro dell’illegalità. Nel quartiere vedo ragazzi che, per poco, sono disposti a fare i killer della camorra. Dobbiamo essere capaci di guardare a ciò che ci accade accanto per costruire la pace. Dobbiamo chiedere e pretendere, anche qui a Cagliari, che il Palazzo si avvicini alla piazza, vista la distanza che li separa».

Roberto Comparetti

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