Denunciare ciò che mette in pericolo l’integrità delle persone Pubblicata la «Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio»

denunciare 1«Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!».

Papa Francesco ha ripreso le parole dell’allora cardinale Ratzinger, per la Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, all’inizio della sua «Lettera al Popolo di Dio» sul dramma della pedofilia, indirizzata a tutta la Chiesa lo scorso 20 agosto.

«Benché si possa dire – ha affermato il Santo Padre – che la maggior parte dei casi riguarda il passato, tuttavia, col passare del tempo abbiamo conosciuto il dolore di molte delle vittime e constatiamo che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità».

La direzione indicata dal Pontefice è quella della solidarietà che «ci chiede di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona».

«Sono consapevole – ha proseguito il Papa – dello sforzo e del lavoro che si compie in diverse parti del mondo per garantire e realizzare le mediazioni necessarie, che diano sicurezza e proteggano l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità, come pure della diffusione della “tolleranza zero”. […] Abbiamo tardato ad applicare queste azioni e sanzioni così necessarie, ma sono fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro».

Il Pontefice ha invitato «tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso».

Per dare concreto vigore alla lotta alla pedofilia papa Francesco ha indicato la strada della «conversione dell’agire ecclesiale»: «L’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio. Questa consapevolezza di sentirci parte di un popolo e di una storia comune ci consentirà di riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato con un’apertura penitenziale capace di lasciarsi rinnovare da dentro».

Roberto Piredda

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