Dieci lebbrosi dissero: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

(Lc 17, 11-19)

Commento a cura di Emanuele Meconcelli

Tra le tante cose che in questo testo non tornano proprio, una lascia davvero perplessi: chi va verso Gerusalemme attraversa la Galilea e poi la Samaria, posto che si tratta di un cammino da nord verso sud.

Qui invece sembra che Gesù pur andando verso sud faccia un percorso indirizzato a nord. E forse il vangelo di questo Vangelo è già tutto qui: quando attraversi la Galilea e la Samaria, quando passi nel mezzo di terre di confine, di zone perdute, le regole lasciano il passo alle sorprese.

Fantastico questo Maestro che non si tiene alla larga da queste periferie fatte di infedeltà e paganità ma ci si compromette! Perché per presentarsi davanti a Dio, per poter chiedere a Lui, non è richiesta una fedina penale intonsa e una reputazione invidiabile. Infatti un cammino che sembra portare da tutt’altra parte alla fine si rivela come quello che serve per arrivare alla città santa.

Nel vangelo di Luca questi lebbrosi sono i primi a chiamare Gesù per nome. Qual è il titolo che ti serve per entrare in relazione con il Signore, qual è l’attestato di benemerenza che devi esibire per essere ammesso alla sua presenza? La tua lebbra.

Il titolo di ammissione per accedere alla misericordia è la tua miseria, è il tuo bisogno. Non fa piacere sentirselo dire, forse ti vorresti un po’ più presentabile, pulitino, aggraziato.

Ma se così fosse, non grideresti. Invece puoi gridare dal profondo del tuo irrisolto, di ciò che le convenzioni sociali curano con l’emarginazione. Perché in fondo la cura somministrata alla povertà è quella. Gli altri ci mettono un attimo ad emarginare ciò che non asseconda i loro indici di gradimento, a dirti che non lo puoi fare, che è bene che ti ritiri.

Invece è sorprendente la cura del Nazzareno: chi l’ha detto che tu non lo puoi fare? Chi l’ha detto che non è per te? Incomincia, dai! Non perdere tempo!

Incomincia a vivere quella vita nuova che dentro di te senti come tua. Lascia perdere che tu sia guarito o meno, puoi camminare, comunque stia messo, qualsiasi sia la tua lebbra, puoi camminare.

In fondo, a ben guardare, che cosa ricevono questi dieci lebbrosi? Una parola, soltanto una parola. Non una guarigione immediata, non un miracolo sbalorditivo, ma semplicemente una parola.

A te, che sei stato messo in una condizione di isolamento viene offerta la possibilità di una relazione: ascoltare quella parola e metterla in pratica è il primo passo per uscire dal ghetto.

Ad ognuno di noi il Maestro non offre altro: una parola che apre davanti il cammino. Non un cammino scontato e banale, perché presentarsi ai sacerdoti sapendosi ancora lebbrosi è un atto di coraggio.

E questo ai dieci mendicanti va riconosciuto. Ma posto che sono stati sanati, l’episodio non poteva considerarsi concluso? Evidentemente no.

Perché la salvezza, sembra dirci Gesù, non è tanto nel ricevere da lui la guarigione che tu chiedi.

Quello è solo un aspetto, se vuoi il primo passo, importante per attivare il percorso, ma non ultimativo.

Potresti ammalarti nuovamente, anche se sei stato guarito.

Cos’è che salva? Se in quella relazione con il Signore ti ci giochi anche tu e non perché hai qualcosa da chiedere, ma perché hai qualcosa per cui ringraziare. Non è necessario dire grazie al Signore, Lui non ne fa certamente un fatto di educazione o di aspettative da ripagare.

Ma sperimenta davvero cosa significhi entrare in relazione con il Signore chi sa andare oltre il dovuto. C

hi si compromette nel rapporto con Lui non perché deve, ma perché vive l’arditezza di amare così come è stato amato.

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico