È salutare raccontare la normalità del bene Le notizie positive come argine all'acrimonia

È salutare raccontare la normalità del beneVergogna, pentimento e speranza. Sono queste le tre parole utilizzate da papa Francesco a conclusione della Via Crucis al Colosseo, nella serata del Venerdì santo. Ne è seguito l’invito a «spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te (Gesù) un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe»

Parole forti che sono risuonate al termine di una settimana particolare, non solo per il Triduo santo celebrato da tutta la Chiesa, ma anche per alcuni episodi di cronaca che hanno avuto grande eco sui media.

La prematura scomparsa del conduttore televisivo Fabrizio Frizzi, spentosi a 60 anni dopo una breve malattia, ha spinto i media a raccontare di una persona che, pur operando in un ambiente dove la ricerca del primato è la cifra dominante con la quale si instaurano i rapporti, ha mantenuto quell’umanità che alla fine gli è stata riconosciuta da tutti, perfino da tanti «haters», novelli Goebbels, capaci di trasformare parole come gentilezza e educazione in un orrendo termine, «buonismo».

Pure a loro è risultato difficile trovare argomenti tipici da rissa televisiva per attaccare il conduttore scomparso.

In Francia è ancora in corso un dibattito serrato, dopo che un gendarme si è offerto al posto di un ostaggio, nel corso di un sanguinoso assalto a un supermarket, finito con la tragica morte dello stesso gendarme.

In molti si sono chiesti e si chiedono ancora quale sia stata la molla che abbia spinto l’agente a offrirsi come merce di scambio per una persona che neppure conosceva.

Due episodi nei quali l’onda lunga dell’odio, della violenza verbale e della volontà di essere per forza «controcorrente» o «bastian contrario», pur di apparire e di emergere ad ogni costo, sembra essersi attenuata, per rispetto delle vittime o perché la normalità del bene esiste ed è stata evidenziata, smentendo, per una volta, l’adagio che «il bene non fa notizia».

Questa volta però ha fatto notizia, anche in un Paese rancoroso come il nostro, con il più alto tasso in Europa di cause civili depositate nei tribunali, ingolfati di scartoffie per beghe condominiali, dove, come ha scritto di recente l’economista Leonardo Becchetti, il nuovo pericolo è la «straccioneria d’animo» (i cui tratti caratteristici sono la totale mancanza di fiducia nell’altro e il pensare solo al tornaconto personale).

In questo contesto è stato sufficiente mostrare che le persone per bene esistono e sono reali, per mettere in crisi l’esercito di produttori e fruitori di continue dispute, raccontate dagli schermi televisivi o dalle pagine di social media (sempre meno sociali), in un crescendo di livore e rabbia che oramai contraddistinguono la vita di troppe persone.

È quindi salutare raccontare belle storie, segni di speranza.

La Pasqua appena celebrata ci ha ricordato che la vita vince sulla morte, Francesco lo ha ribadito nel messaggio «Urbi et Orbi».

La domenica in «Albis», che celebriamo sotto il segno della Divina Misericordia, così tanto cara al mai dimenticato san Giovanni Paolo II che ne ha introdotto e diffuso il culto, può indurci a una inversione di rotta, verso un atteggiamento positivo per chi ci sta accanto, chiunque esso sia.

Ripartire dalla fiducia nei rapporti, come spiega l’economista cagliaritano, Vittorio Pelligra, significa ridurre il rischio del tradimento, evitando così di precipitare «in una condizione molto simile allo stato di natura hobbesiano, dove non esistono “arti, né lettere, né società”, dove domina “la continua paura ed il pericolo di una morte violenta”». Una prospettiva che deve essere scongiurata.

Roberto Comparetti

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico