Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo II Domenica del tempo Ordinario (Anno A)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

(Gv 1, 29-34)

Da questo numero sarà padre Gabriele Semino, della Facoltà teologica, a commentare il Vangelo. Il grazie a fra Luca Fuso per il servizio reso nelle ultime settimane.

Commento a cura di Gabriele Semino

Il tempo natalizio, che abbiamo vissuto da poco, ci ha donato di contemplare il volto di Dio fatto uomo e di assaporare la festa dell’incontro con lui. Per noi cattolici cagliaritani il clima gioioso delle settimane scorse è stato addirittura ampliato dal saluto a monsignor Miglio e dall’accoglienza del nuovo arcivescovo Giuseppe.

Ora nella liturgia inizia il tempo ordinario, che ci permetterà di scandagliare ogni dettaglio del volto di Cristo e, soprattutto, di ritrovarlo nei dettagli della vita quotidiana. Il volto di Dio si riflette e rispecchia nella vita feriale, a volte monotona, fatta di risvegli, famiglia, lavoro, disoccupazione, amicizie, amore, malattie, incontri e scontri…

Sarà una sfida interessante e, forse, anche un poco faticosa, quella di trovare le giuste dimensioni, dopo le feste, per vivere da Vescovo diocesano, da Vescovo emerito, da parroco, da padre e madre, da figli, da malati, da studenti, da disoccupati, da catechisti, da persone in ricerca… l’incontro quotidiano con la salvezza di Dio che si è fatta carne.

Dopo la scena del battesimo di Gesù, che ha dominato la scorsa domenica, il Vangelo che incontreremo nelle nostre chiese nella II domenica del tempo ordinario mette al centro Giovanni Battista che, maestro come nessun altro nel decentrarsi, si sposta per fare spazio al Signore. Colpisce come in questo brano colui che, alla fine, è chiamato «Figlio di Dio», all’inizio venga definito «agnello di Dio».

Il modo con cui si manifesta il Figlio di Dio è di essere agnello, sembra suggerire l’evangelista Giovanni: Gesù è Figlio di Dio in quanto suo agnello.

L’immagine dell’agnello richiama alcune caratteristiche, in modo abbastanza immediato. Innanzitutto la mitezza e la piccolezza.

Il Natale ci ha insegnato come Gesù venga nel mondo in modo mite, senza clamore.

È riconosciuto dai miti e solitari pastori, che si fidano delle parole di un angelo, scoprendo che la loro fiducia non viene disattesa dalla storia. È riconosciuto dai sapienti magi, che debbono camminare molto per convertire la sapienza di questo mondo a quella umile e mite di Dio che si fa bambino.

In secondo luogo l’agnello è l’animale della cena pasquale. Gesù, posto da subito nella mangiatoia, si presenta dall’inizio come colui che sfamerà il desiderio di vita di ogni uomo e donna.

La sua parola, il suo corpo e il suo sangue, la sua esistenza donata diventeranno l’alimento quotidiano dei credenti.

Come discepoli del Signore abbiamo bisogno di trovarlo e seguirlo per come lui si manifesta. Abbiamo, quindi, bisogno di incontrare l’agnello di Dio, di accogliere la sua mite presenza nel silenzio interiore dell’ascolto e nel cibarci di lui quotidianamente.

Senza frequentare la sua parola, che ci è proposta ma mai imposta, ci priveremo della possibilità di essere da lui sostenuti e resi miti e umili di cuore.

Il vangelo ci ricorda che lui, come agnello, toglie e prende su di sé il peccato del mondo, il nostro peccato. Sarebbe il peccato più grande privarci da noi stessi della sua misericordia.

Come figli di Dio, ad immagine del Figlio, abbiamo bisogno poi di acquisire io suo stile.

È lui che ci battezza, ci immerge nello Spirito Santo.

È lui che ci dona di venire trasformati secondo la sua forma, come agnelli capaci di amare.

Così incontreremo il Figlio di Dio, che ci purifica e santifica per gustare la vita differente che lui ha portato e continua a portare nei nostri giorni di questo pellegrinaggio terreno, così ordinario e, al contempo, straordinario.

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