Fate del bene a quelli che vi odiano, amate i nemici VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.

Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.  Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

(Lc 6,27-38)

Commento a cura di Carlo Rotondo

Siamo ancora smarriti dalle Beatitudini che Gesù ci ha proposto domenica scorsa che avremmo sperato, questa domenica, in un Vangelo più «abbordabile» invece Gesù disse ai suoi discepoli: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica». Mi viene difficile commentare un tale Vangelo: mi sembra di violarlo. Questo è Gesù , prendere o lasciare. Il problema del cristianesimo non è la difficoltà della proposta di Gesù ma la nostra abilità ad annacquarla con i nostri forse, i «ma» e i «sì, però». Ciò che rende brutto, pessimo, il Cristianesimo è la mia mancanza di radicalità, la mia paura di prenderlo sul serio. Il mio timore a scalarne la vetta per non soffrire di vertigini. Credere all’esistenza di Dio ma non credere all’amore. Questa visione al ribasso del Cristianesimo non funziona. Madre Teresa di Calcutta aveva un’immagine felicissima della nostra tiepidezza nella fede: «A furia di accenderla e spegnerla una lampadina si fulmina».

Il Cristianesimo accendi e spegni a seconda del «mi conviene o no», o peggio del «mi piace o non mi piace», si fulmina, marcisce e muore. L’amore o c’è o non c’è. Fu Gesù stesso che ci chiese chiarezza: «Il vostro parlare sia «Sì! Sì», «No! No». Aggiungerei che anche il nostro vivere sia «Sì! Sì», «No! No».  Ma noi, intelligentissimi e furbi, ci siamo inventati il «Nì» E badate bene, Gesù questo discorso, non lo fa agli altri, ma ai suoi discepoli. A chi ha avuto il coraggio di lasciare tutto e di seguirlo. A quanti lo ricevono nell’eucarestia, a quanti lo invocano nelle preghiere. A chi gli offre fiori, candele, offerte, pellegrinaggi. A chi, come me, gli celebra Messa tutti i giorni. A chi si vanta di essere cristiano. Nella mia carta d’identità cristiana, alla voce «Segni particolari» che c’è scritto? Frequenta la Chiesa? È registrato nel libro dei battesimi e cresime? Ha il «celebret»? Gesù ci chiede un segno ancora più particolare, unico e distintivo: «Ama il suo nemico».

Questa sì che è l’impronta digitale del cristiano. Il Vangelo di oggi non ammette il minimo dubbio: senza amore non c’è cristianesimo. Senza amore non c’è sequela di Gesù. Perché, merita ricordarmelo, il cristianesimo non è una religione ma una fede, un relazione d’amore, e unica e originale con Dio e con gli altri. Il cristiano che non ha il coraggio di amare fino all’eroismo (quando ami rischi sempre), fino alla croce (amare, soprattutto i nemici, fa malissimo), fino a dare la vita (amare spesso è voce del verbo morire) è destinato al fallimento.

Perché ciò che spegne e uccide la fede non è la mia fragilità e nemmeno il mio  peccato, ma la mia tiepidezza, la mia abilità al compromesso. Per dirla con Gesù: «Quando il sale smette di essere salato e diventa insipido». Meglio un peccatore vero che un santo finto. Adesso capisco perché ne scelse soltanto dodici. Ai quali propose: «Volete andarvene via anche voi?».

Gesù è così: «Prendere o lasciare». Vietato ai deboli di cuore.

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