Il buon pastore dà la propria vita per le pecore IV Domenica di Pasqua (Anno B)

il buon pastoreDal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

(Gv 10, 11-18)

 Commento a cura di Rita Lai

In lui, vincitore del peccato e della morte, l’universo risorge e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita: così recita il IV prefazio pasquale della domenica IV di Pasqua, detta del Buon Pastore.

In Lui, Buon Pastore, Gesù Cristo crocifisso e Risorto, si compie la risurrezione di tutto l’universo e l’uomo stesso non solo risorge, ma ritorna alle sorgenti della vita.

Nessuna metafora meglio di questa potrebbe esprimere la potenzialità enorme dell’evento pasquale sul creato e sull’uomo.

Lo stesso significato, con la stessa portata straordinaria, è contenuto nella metafora sulla quale è incentrato il Vangelo di oggi, quella del buon Pastore.

Preceduta a sua volta dalle immagini della porta e del pastore stesso che conosce le Sue pecore ed infine (in uno strano gioco di sovrapposizioni), è Lui la porta (cf. Gv 1, 1-10), la pericope odierna ci pone davanti all’esplicita dichiarazione del Cristo: Io sono il buon pastore. Chi è il buon pastore? E perché si definisce buono (gr. kalόs)

Dal contesto immediato si deduce che non è un pastore come gli altri, mestieranti, mercenari, ladri e briganti che lo hanno preceduto (v. 8).

Lui è la porta, che introduce, fa passare, entrare e uscire. Lui è Colui che chiama le pecore per nome, le conosce personalmente, non in massa, si rapporta direttamente con ognuna. Questo pastore buono ha a cuore la vita delle pecore, se le porta nel cuore, le cura fino a dare a sua volta la Sua vita per loro.

Sono venuto perché abbiano la vita e la abbiano in abbondanza (Gv 10,10) : è qui svelato il progetto pieno di Dio nei confronti dell’uomo. Si chiama Vita.

Dio vuole che tutti gli uomini, che ogni uomo nella sua singolarità viva pienamente, completamente, in maniera unica e preziosa. E non conosce altro modo, Dio, che farsi uomo.

In piena solidarietà con l’uomo, per introdurlo nella Sua stessa Vita. Tutto il mistero della nostra fede e della nostra alleanza con Dio possono essere così compresi e riassunti.

La salvezza che ci viene offerta non è solo e tanto una redenzione morale dal peccato: troppo poco.

Dio vuole farci entrare nella Sua sfera, nella amicizia con Lui. Vuole farci vivere della Sua vita.

Il buon pastore è l’immagine che meglio rende questo amore oltre misura: quello di Dio in Cristo è un amore con la «A» maiuscola, eppure attraversa il quotidiano: si veste di dialogo confidente, di conoscenza personale e reciproca, di interesse e cura per le pecore (al contrario del mercenario).

È un amore che sa farsi vicino, sa spendersi, sa donarsi. Sa donare la vita per creare vita.

Il buon pastore non pensa a sé: non è preoccupato del proprio benessere (come  il mercenario): sa stare vicino alle pecore, non si allontana da loro al momento del bisogno e del pericolo cercando la propria salvezza.

Le pecore del pastore buono non saranno mai abbandonate: ecco la grande verità. Egli le custodisce, le cura, ha sempre un occhio di riguardo verso di loro.

Questa è l’immagine della tenerezza di Cristo, che ama senza smancerie o romanticismi, ma nella robustezza di un dono di vita che non esclude nessuno, anche le pecore di altri ovili, perché Lui è il centro e a Lui, porta verso il Padre, si può arrivare da mille direzioni.

Interroghiamoci piuttosto se, spesso, non siamo noi che ergiamo barricate e muri e soffochiamo la libertà di Dio.

Non è male chiedercelo dinanzi al Pastore di pecore diverse, ma tutte amate, tutte custodite, tutte «portate» nel dono di Sé.

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