Il Paraclito, lo Spirito Santo, lui vi insegnerà ogni cosa VI Domenica del Tempo di Pasqua (Anno C)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.

Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”.

Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me.

Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

(Gv 14,23-29)

Commento a cura di Fabrizio Demelas

Anche il Vangelo di questa domenica ha al centro il tema dell’amore, l’amore di agapē, quell’amore gratuito che pone l’altro al centro dell’attenzione.

Nel brano che leggiamo oggi, Gesù fa capire che l’amore, l’agapē, deve legare a lui la persona che crede: «Se uno mi ama…», dice con il verbo greco agapaō. Con una conseguenza: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola».

Una frase quasi uguale si trovava già poco prima, quando Gesù aveva detto ai discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti».

Secondo lo stile della Bibbia, questa ripetizione ha uno scopo preciso: serve per sottolineare come il riconoscimento di Gesù da parte dei discepoli non sia un fatto intellettuale, una scelta razionale, ma un evento che accade nell’amore e che ha tutta la dinamica dell’amore.

L’amore diventa, così, la dimensione, il fondamento su cui si realizza il riconoscimento di Gesù e quindi il rapporto tra Gesù e i discepoli.

È un rapporto di comunione profonda, è il fondamento e il compimento del dono della figliolanza per cui gli uomini hanno ricevuto il «potere di diventare figli di Dio», come dice Giovanni nel Prologo del Vangelo.

Colpisce un particolare: il rapporto di amore con Gesù rovescia la logica tradizionale dell’osservanza delle disposizioni della Legge.

Gesù non dice: «Se uno osserva i comandamenti, la mia parola, mi ama»; ma: «Se uno mi ama, osserva i comandamenti, la mia parola».

La logica tradizionale è ribaltata: l’amore è il fondamento dell’osservanza, l’osservanza è una conseguenza dell’amore, perché diventa un gesto spontaneo richiesto dalla dinamica stessa dell’amore, come un abbraccio.

E quanto questo sia vero è ribadito da Gesù: «Chi non mi ama, non osserva le mie parole».

L’amore, poi, anche questo amore che lega Gesù a chi lo riconosce e crede in lui, ha un esito di presenza e di compagnia.

Gesù assicura la presenza sua e del Padre nella vita di ogni credente: «Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Ma la dinamica dell’amore fa dire a Gesù anche un’altra cosa: è la conferma di un dono, il dono dello Spirito, del «Paraclito», annunciato già poco prima, confermato in questo brano, e poi ribadito di nuovo più avanti nel discorso di Gesù.

L’evangelista Giovanni non aveva sentito il bisogno di parlare dello Spirito nei primi capitoli del vangelo.

Ma proprio questo silenzio viene ora spiegato: lo Spirito è annunciato qui, negli ultimi giorni della vita di Gesù sulla terra, perché è il continuatore della presenza del Padre e del Figlio tra gli uomini, è la fonte dell’amore stesso che animava il Figlio, e che passa ora ad animare e sostenere gli uomini che lo hanno accolto.

Nel quadro di questa dinamica di amore, di presenza del Padre e del Figlio e del dono dello Spirito, Gesù può, nel suo discorso di congedo, fare un altro dono speciale ai suoi: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace».

Gesù dona la pace, ma è una pace particolare: «Non come la dà il mondo, io la do a voi».

La sua pace è la biblica shalom, la pace vera e complessiva, la pace legata a filo doppio con la presenza di Dio nella vita e nella storia, la pace di una esistenza vissuta nella pienezza di senso che può nascere solo dalla fede.

Il mondo, nel migliore dei casi, può dare una pace fatta solo di assenza di conflitti, niente di più.

La pace di Gesù, invece, è quella che poggia su un nuovo fondamento della vita, un fondamento solido, fatto della presenza di Dio, garantito da Gesù andato al Padre e tornato dal Padre ai suoi. Una sola condizione per vivere tutto questo: amare e credere.

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