La mia carne è cibo, il mio sangue è bevanda Solennità del Corpo e Sangue di Gesù (Anno A)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

(Gv 6, 51-58)

Commento a cura di Davide Meloni

Vivere l’eucaristia significa accedere al nucleo più profondo della fede cristiana, cioè entrare nel cuore di Cristo e accostarsi al mistero del suo amore che sorpassa ogni conoscenza.

Il brano scelto per la solennità del Corpus Domini è tratto dal Vangelo di Giovanni, l’unico che non ci racconta l’istituzione dell’eucaristia, ma che nello stesso tempo propone la riflessione più profonda su di essa.

In particolare il capitolo 6 riporta un insegnamento di Gesù che sconvolge molti dei suoi interlocutori, tanto che da quel punto in poi alcuni che fino a quel momento lo avevano seguito decidono di tirarsi indietro.

Segno che quella volta Gesù aveva davvero messo a dura prova chi, pur seguendolo esteriormente, non era disposto a lasciarsi mettere troppo in discussione.

Cosa ha detto dunque Gesù di così grave? Anzitutto nel suo discorso insiste a più riprese sul fatto che per avere la vita eterna bisogna nutrirsi di lui.

È bene precisare che quando Gesù parla di vita eterna non si riferisce innanzitutto a una vita ultraterrena, a un’esistenza che ci attende dopo la morte. Vita eterna significa vita nuova, «divina», qualitativamente diversa.

Chi fa di Gesù il suo nutrimento sperimenta già in questa vita una novità e una bellezza inimmaginabili.

Per chiarire ancora meglio il concetto Gesù non esita a dire che per avere la vita eterna occorre «mangiare la sua carne».

Per tanti suoi interlocutori sarà sembrato davvero troppo.

Non solo per la durezza dell’immagine che una simile espressione evocava, ma anche perché la parola «carne» nella Scrittura indica l’uomo nella sua dimensione di debolezza.

Gesù stava in qualche modo dicendo che non ci può essere comunicazione dello Spirito, cioè della vita stessa di Dio, senza accettare che questa passi attraverso una carne.

E questo scandalizzava molti, perché significava dire che per arrivare a Dio ed entrare nella vita nuova occorreva abbracciare la debolezza di un Dio che si faceva uomo, o meglio, «carne».

È la sfida che riguarda anche noi: quante volte ci illudiamo di poter trovare Dio nella presunta altezza dei nostri pensieri religiosi, in un distacco dalla materialità dell’esistenza, in un isolamento che ci permetta di non contaminarci troppo con l’umanità concreta delle persone che Dio ci mette accanto per vivere l’amicizia con lui!

E invece Dio salva l’uomo attraverso l’umano, attraverso «la carne». Solo per questa via possiamo rimanere in lui, e lui in noi.

L’esito di questo essere profondamente uniti a Cristo è una vita di comunione tra di noi.

Ce lo ricorda il canone della messa, quando si prega lo Spirito Santo perché «ci riunisca in un solo corpo».

La partecipazione all’eucaristia ci fa una sola cosa, ci rende uno in Cristo.

Siamo una cosa sola perché tutti partecipiamo di un unico pane.

Ecco perché è profondamente sbagliato vivere un rapporto con l’eucaristia di tipo intimistico e individualistico, come se la comunione fosse semplicemente il rapporto tra il singolo e Gesù, immaginato come una relazione che quasi ci tira fuori dalla realtà e ci trasporta in una dimensione «celeste». Niente di tutto questo.

Si vede se viviamo veramente l’eucaristia dal fatto che abbiamo amore gli uni per gli altri e iniziamo ad amarci gli uni gli altri come lui ci ha amato.

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico