Lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzareth e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».

Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

(Mt 4,12-23)

Commento a cura di Gabriele Semino

La luce incontenibile dell’amore di Dio non può restare nascosta.

I primi momenti della predicazione di Gesù si svolgono sotto il segno di una profezia di Isaia, che il Vangelo riporta: «Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». C’è un dato di fatto: le tenebre che accompagnavano in quel tempo il popolo (e anche le tenebre che accompagnano noi popolo attuale). C’è, però, un secondo (e primo per importanza) dato di fatto: la luce che giunge a sovvertire le tenebre.

Il simbolo della luce tratteggia in modo persuasivo la figura del Signore: egli porta chiarezza e luminosità dove prima abitavano incertezza e cupezza.

Ancora ci troviamo a rivivere un riflesso dei temi natalizi, della notte santa in cui la Luce del Verbo fatto carne ha squarciato le tenebre del peccato.

La sapienza della Chiesa nella liturgia ci conduce in un cammino che riprende e amplifica i tanti doni disseminati domenica dopo domenica.

La luce del Signore è alquanto particolare, come è connaturale alla sua incarnazione.

Da una parte egli rivela tutto del volto del Padre, mostrandosi in una carne simile alla nostra. Dall’altra parte sembra mettere nuovamente un velo sulla rivelazione di Dio: chi vedeva Gesù vedeva un uomo, solo lo sguardo della fede poteva permettere di vedere la rivelazione della sua divinità. Questo è lo spazio, appunto, della fede e anche della libertà.

La nostra esistenza di credenti sarà, fino all’ultimo giorno, un esercizio di fede e di libertà mai finito. Mettiamo in conto questa realtà e anche questa fatica, che verrà ripagata ampiamente.

Come si esprime la luce del Signore? Innanzitutto con la sua predicazione lapidaria: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

La conversione è luce. Il termine greco sottostante indica il cambiamento di mentalità, di pensiero: dal pensiero mondano a quello del Signore. Quello ebraico si sofferma piuttosto sul cambiamento di strada: da percorsi di morte a percorsi di vita.

La conversione è la chiave per aprire la porta del regno dei cieli, che è vicino.

Solo chi assume il pensiero del Signore e decide di percorrere le sue vie può sperimentare la tenerezza rocciosa di Dio che regna e di essere partecipi di quel regno.

Non a caso al termine del Vangelo che ascoltiamo in questa domenica Gesù chiama i primi discepoli. Per loro si aprono nuove strade.

La frequentazione assidua del Signore darà loro quel pensiero e indicherà quelle vie che sono la condizione per partecipare al regno.

Ancora oggi il Signore ci vede e chiama a seguirlo. È suo dono il fatto di essere scelti per il regno.

Prima ancora di cercare i modi concreti per pratiche di conversione, è importante vivere il modo del ringraziamento: per quanto possiamo sentire di abitare nelle tenebre oggi veniamo chiamati da Colui che è la Luce de mondo a lasciarci illuminare e camminare nella sua luce.

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