Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno XXXIII Domenica del tempo ordinario (anno c) - 13 novembre 2016

commento-al-vangeloDal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.

Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

(Lc 21, 5-19)


Commento a cura di Andrea Busia

Gesù ormai si trova a Gerusalemme, manca poco alla sua passione ma i suoi discepoli non ne sono consapevoli, l’afflusso di gente per la festa di Pasqua è notevole e ovviamente tutti si recano in pellegrinaggio al maestoso tempio di Erode che, secondo le ricostruzioni storiche,  doveva essere una vera meraviglia. Per questa ragione non stupisce che all’inizio del nostro brano si parli della bellezza del tempio. Ben diversa doveva essere però la situazione per coloro che ascoltavano la lettura del vangelo di Luca perché nel 70 d.C., in seguito a una rivolta dei giudei contro i romani iniziata nel 66 d.C., Tito distrusse il tempio di Gerusalemme, lasciando solo il cosiddetto «muro del pianto» dopo aver assediato la città. L’immagine di Gerusalemme dopo il 70 d.C., e soprattutto del suo tempio, non era più la stessa e anche le parole di Gesù trovavano riscontro nella storia.

I discepoli chiedono a Gesù quando avverrà la distruzione e quali segni la presagiranno e Gesù risponde solo parzialmente, non dice il quando perché non vuole che i discepoli si concentrino su un momento preciso, ma che si mantengano perseveranti (come si vede alla fine del brano).

Le prove ci saranno (e già i primi ascoltatori del vangelo di Luca vi passavano attraverso) e sarebbe logico aspettarsi che Gesù dicesse loro come superarle, come prepararsi, ma di fatto questa preparazione viene da Gesù in parte vietata: se da una parte troviamo il comando di non preoccuparsi, non terrorizzarsi, dall’altra si chiede di lasciare agire Lui stesso in noi, non lasciare che la paura, la preoccupazione, il terrore ci facciano scappare dalla prova, ma permettere a Gesù di guidarci senza voler fare di testa nostra, e la sua guida sarà sicura ed efficace, tanto che gli avversari non potranno controbattere.

Gesù aggiunge anche che, nonostante tutte le difficoltà, anche se il mondo intero si schierasse contro di noi, «nemmeno un capello del [nostro] capo andrà perduto», questa è un’espressione molto cara a Luca (la ritroviamo in Lc 12,7 e At 27,34) e la ritroviamo anche nell’Antico Testamento  (1Sam 14,45; 2Sam 14,11; 1Re 1,52) e soprattutto è nel brano di Sansone e Dalila (Gdc 16) che ne scopriamo il significato: la capigliatura per gli ebrei è simbolo della forza e dell’aiuto divino. Dicendo che neppure un capello cadrà dalla nostra testa Gesù ci sta dicendo che Dio non farà mancare neppure per un momento la sua forza e il suo aiuto. Però, a questa promessa di Dio, che è ovviamente legata a quella della vita eterna con cui si chiude il nostro brano, è associato anche un comando che è quello della perseveranza nella prova.

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