Mettere mano all’aratro senza volgersi indietro XIII domenica del tempo Ordinario (anno c) - 26 giugno 2016

full_horse_plowDal Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». 

(Lc 9, 51-62)


Commento a cura di Michele antonio Corona

Il percorso di Gesù del vangelo di Luca si trova al bivio decisivo della svolta verso Gerusalemme. Non che questo viaggio non fosse stato messo in conto, ma ora diventa necessario ed effettivo. È come quando – nella drammaticità – si sanno le conseguenze di una chemioterapia, ma ci si ritrova concretamente a perdere i capelli. Occorre «decidersi convintamente» di allungare il passo e ad andare avanti senza paura: quella lotta sarà il passo fermo verso un domani diverso. Il malato sa che cosa deve vivere e quali potranno essere le controindicazioni di quella terapia molto aggressiva per vincere il male, ma non si è pronti fino al momento in cui non si incontra ciò che si paventava. Per Gesù, vero uomo e vero Dio, il cammino non è totalmente diverso nei dettagli, ma lo diviene nell’opzione fondamentale della fiducia nel Padre. Gesù può camminare deciso perché l’intimità col Padre diviene luogo di forza, motore di vita, anelito per l’esistenza. Spesso anche noi dobbiamo compiere scelte importanti – proprio come i tre che bramano di seguire il Maestro – ma tendiamo a darci tempo, a cercare strade laterali, a costruire circonvallazioni. Nello stradario evangelico, ci insegna Gesù, non esistono percorsi agevoli che evitino di incontrare la vita vera. Il discepolato non è un analgesico per i dolori della vita, né un calmante per le sofferenze della quotidianità, né sotterfugio davanti alle strettoie della vita. Anzi, la buona notizia è la lente per la comprensione dell’umano, per l’accettazione del limite, per l’accoglienza di un amore discreto che accompagna, per l’abbraccio di un Dio che muore con noi. «Seguimi» è la parola della via crucis  non dell’ingresso pseudo-glorioso di Gerusalemme. «Seguimi» è l’invito a chi si vuole fidare di un Dio, nelle cui vene scorre solo amore. «Seguimi» è l’intimo balbettio dell’amante verso la persona che vorrebbe lo seguisse in una via che non è solo rose e fiori, ma è carne vera ed esperienza concreta. «Seguimi» è la parola urgente che non lascia spazio a rimandi. Per dirla con l’Inps, non esistono finestre di uscita anticipata col vangelo! Non temiamo con lui. Non soccombiamo alla paura affianco al nostro redentore, che non ha detto mere parole di salvezza, ma ha dato la sua vita per noi. Davanti alla vendetta di fuoco dei discepoli è capace di fermare questa spirale violenta e di continuare il suo cammino. Anche noi abbiamo bisogno di questo percorso di fede che passi dalle belle parole ai fatti concreti. Quanto dovremmo smettere di fare grandi annunci per poter pensare alle cose serie della vita intrisa di vangelo! I tre aspiranti discepoli cercano una residenza, la preminenza dei morti e la famiglia come luogo principe della propria esistenza. Vivi la tua vita in pienezza, lasciando stare i dettagli. È come se in uno spartito musicale fossimo più attenti alle pieghe del foglio che a note/pause scritte. Suoniamo e impariamo a riconoscere la bella melodia della nostra vita, senza mai invidiare i grandi compositori.

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