Nasce una missione nella Prefettura di Robe in Etiopia Nuova sfida per la Comunità Missionaria di Villaregia

Una nuova sfida attende la Comunità Missionaria di Villaregia (CMV) in Etiopia. La Comunità nasce nella Prefettura apostolica di Robe, dove vivono 4 milioni di persone e i cattolici sono lo 0,03 della popolazione.

Di questa nuova realtà missionaria parla padre Amedeo Porcu Presidente della Comunità Missionaria di Villaregia.

Come si presenta, sommariamente, la realtà nella Prefettura di Robe?

Un piccolo segno di misericordia. È proprio con queste parole che Fra Angelo Antolini, missionario cappuccino presente da oltre 40 anni in Etiopia, ci ha descritto il senso della presenza della Chiesa cattolica nella Prefettura Apostolica di Robe, a lui affidata. Le nove ore di viaggio in macchina dalla capitale Addis Abeba fino a Robe, erano intermezzate da brevi pause in cui ci indicava la presenza di una piccola scuola, di una casa famiglia che accoglie alcuni orfani, di un piccolo laboratorio per la produzione di formaggi che sostiene la vita di Kamiso, che accoglie in casa sua altre ragazze madri e una decina di bambini abbandonati, ecc. Tanti piccoli segni della Misericordia del Padre, una umile ma attenta e concreta risposta alle necessità e alle sofferenze dei più piccoli.

P. Amedeo come sarà strutturata la presenza dei religiosi cattolici nella Prefettura di Robe e chi sono i missionari della CMV che lavoreranno in terra etiope?

I cattolici in questa zona sono poco più di un migliaio, lo 0,003% di una popolazione di quasi 4 milioni di abitanti, e sono sparsi su un territorio di 103.769 kmq, poco più di un terzo di quello italiano. In questo lembo di terra etiope sono arrivati da pochi giorni, quattro missionari della Comunità Missionaria di Villaregia che si uniranno a tre sacerdoti, uno della Diocesi di Anagni-Alatri, due di quella di Padova, ad una missionaria laica e a sei religiose (tre suore di Madre Teresa e tre Cappuccine Missionarie).

P. Emanuele Ciccia, originario della parrocchia della Beata Vergine Assunta di Selargius, con Teresa, Elisabetta e Mari Carmen, lavoreranno proprio con Fra Angelo, a Robe, sede principale della Prefettura. Presto li raggiungerà anche P. Jean Serge, originario della Costa d’Avorio, che da alcuni anni lavora nella comunità di Via Irlanda, in Quartu S. Elena.

Cercheremo di entrare pian piano in questa nuova cultura

«La nostra presenza – ci dice p. Emanuele – è come quella del piccolo seme che deve crescere e svilupparsi, siamo un piccolo segno che vuole rendere presente e visibile il Vangelo attraverso l’amore ai più poveri e la comunione vissuta con le altre forze ecclesiali presenti e tra i cattolici che provengono da diverse etnie ma si impegnano a volersi bene testimoniando il comandamento di Gesù: “Da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni per gli altri”». “Sappiamo che ci sarà chiesto molto ascolto e tanta pazienza e umiltà. Dovremo dedicare almeno i primi sei mesi per imparare la lingua Oromo. Cercheremo di entrare pian piano in questa nuova cultura e di stabilire con la gente, che qui è in maggioranza musulmana, dei rapporti di amicizia, con gesti di vicinanza e con molto rispetto. Ci sentiremo e saremo degli emigrati, dovremo ricominciare da zero e tenere ben presente nel nostro cuore il motivo essenziale per cui siamo qui: rendere presente Gesù tra questa gente molto povera che lotta ogni giorno e con fatica per tirare avanti, “sopravvivere” in mezzo a enormi difficoltà. Arriviamo in una giovane chiesa che ha scelto come sue priorità: la formazione cristiana, l’attenzione ai poveri, la missionarietà di tutti i fedeli. Una chiesa dove i laici, i catechisti sono i primi evangelizzatori. Senza di loro che conoscono la cultura locale, le tradizioni e la lingua, sarebbe infatti impossibile comunicare con la popolazione.”

La Chiesa in Etiopia è stimata dalle istituzioni civili

Non mancheranno le difficoltà, ma i missionari esprimono la loro grande gioia di essere qui e di poter costruire e far crescere la chiesa in comunione con Fra Angelo e le altre forze ecclesiali presenti nel territorio. Sanno inoltre che il popolo Oromo è molto famoso per la sua accoglienza e che la Chiesa in Etiopia è stimata dalle istituzioni civili per il suo aiuto ai poveri e per il suo impegno nel promuovere il dialogo e la riconciliazione tra i diversi gruppi etnici. Nei momenti più difficili li sosterrà sicuramente la frase posta all’ingresso del centro di coordinamento pastorale e sociale della Prefettura Apostolica: ‘Ogni persona è immensamente sacra e merita il nostro amore. Perciò, se posso aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita’.

Maurizio Orrù

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