Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo Santissima Trinità (Anno B)

Nel nomeDal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so-no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

(Mt 28, 16-20)

Da questo numero sarà Fabrizio Demelas, docente di Sacra Scrittura all’Istituto di Scienze religiose, a commentare il Vangelo domenicale.

Un grazie a suor Rita Lai per il servizio reso nelle ultime settimane.

Commento a cura di Fabrizio Demelas

L’ultimo gesto di Gesù, secondo Matteo, non è l’ascesa verso il cielo, che narrano Marco e Luca. Di salire al cielo Matteo non parla. Perché questa scelta, così diversa rispetto agli altri due evangelisti sinottici? L’assenza di un momento così forte, che Luca racconta addirittura due volte, nel Vangelo e negli Atti, ci sorprende. Forse Matteo vuole sottolineare qualcos’altro, qualcosa non meno importante.

Anziché salire al cielo, secondo questo evangelista Gesù fa addirittura l’opposto: assicura la sua presenza «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». E dice questo dopo aver affidato ai suoi, ancora dubbiosi, un compito: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli e insegnando». Con quelle parole, semplici e normali, Gesù dava inizio alla grande missione della Chiesa. Ma, dopo aver detto questo, sarebbe potuto salire al cielo anche nel vangelo di Matteo, senza problemi. Invece no: Matteo non lo lascia andare.

Proviamo a guardare il testo più da vicino. C’è un particolare, su cui siamo passati troppo in fretta: la prima cosa da fare per rendere «discepoli tutti i popoli» è battezzarli. Battesimo e battezzare: quando sentiamo queste parole, noi pensiamo al sacramento in tutto il suo spessore. Ma quando Matteo scriveva, la pratica di quel gesto era ancora agli inizi e, con la pratica, anche la comprensione di quel gesto era agli inizi. In quegli anni lontani, per i discepoli e per i primi cristiani «battezzare», in greco «baptìzein», significava innanzitutto «immergere». Possiamo leggere, allora, così: «Andate e fate discepoli tutti i popoli immergendoli».

Ci viene in mente l’acqua del fiume Giordano, dove Giovanni, il Battista, cioè «colui che immergeva», faceva scendere la gente in segno di penitenza e rinnovamento. Questa volta, però, Gesù non parla di acqua. Gesù dice: «Battezzandoli nel nome», immergendoli nel nome.

Che c’entra «immergere» con «nome»?  Il nome, nel linguaggio e nel tempo della Bibbia, era qualcosa di forte, molto di più di come lo intendiamo oggi. Il nome di una persona era qualcosa che evocava la presenza stessa della persona: fare qualcosa «nel nome di» un altro significava ritenere quel tale presente e operante a tutti gli effetti. Gesù, quindi, dicendo agli undici di «immergere nel nome», stava dicendo loro di fare in modo che ogni persona fosse «immersa», calata tutta nella realtà di una presenza effettiva, operante, incontrabile, la presenza di un altro che aveva un nome.

Nell’Israele di allora c’era un nome che era il Nome per eccellenza, quello del Dio dei Padri. Anche Gesù, parlando con i suoi su un monte, luogo vicino alla divinità, si riferisce a Dio. Ma Gesù non pronuncia un nome solo. Gesù ne pronuncia tre: «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

La missione affidata da Gesù agli undici, e con loro a tutti i cristiani nella Chiesa, è, sì, quella di portare il sacramento del Battesimo, ma anche quella di «immergere» ogni persona di ogni popolo nella presenza reale, incontrabile, operante dell’unico  Dio in tre persone distinte, nella ricchezza di un rapporto con Lui mai conosciuto prima di allora. I cristiani sono mandati a immergere tutti gli uomini in un rapporto stretto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Padre, il volto di Dio chino su ogni figlio nel segreto di ogni vita (Mt 6,6), lo Spirito, amore generante di Dio fin nel grembo di Maria (Mt 1,20), il Figlio, Gesù, uomo come gli altri uomini, compagnia perenne di Dio «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

No, di raccontare che saliva al cielo, a questo punto, non era il caso. 

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