Nella sinagoga tutti si riempirono di sdegno IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”».

Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. 

(Lc 4,21-30)

Commento a cura di Carlo Rotondo

Questa domenica ci viene proposto il seguito del Vangelo di domenica scorsa. Siamo a Nazareth,piccolo paese della Galilea alla periferia nord del regno, lontanissimi dalla capitale civile(il palazzo del re) e religiosa(il tempio) di Gerusalemme. L’evangelista Luca ci racconta che all’inizio della sua missione Gesù va al suo paese dove è cresciuto.

Lì ha frequentato il rabbino, ha passeggiato, ha fatto commissioni per mamma Maria, ha giocato con i coetanei, ha fatto amicizie, magari qualche ragazza si sarà presa una cotta per lui, lì è diventato adulto. È tra i suoi compaesani al sicuro (sic!).

È un sabato, giorno sacro per gli Ebrei. E come ogni buon ebreo Gesù si reca alla Sinagoga.

Quel sabato chiedono a lui di leggere La Parola. Gli danno il rotolo del profeta Isaia e ne legge un versetto (trovato a caso o scelto di proposito?). Chiude il rotolo e, finale del Vangelo di domenica scorsa ed inizio di quello di oggi, da un annuncio pazzesco: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Esplode l’entusiasmo e l’euforia dei presenti. Iniziano i complimenti, gli elogi e probabilmente gli applausi. Ma poi fanno un errore fatale: giudicano Gesù. Non è costui il figlio di Giuseppe? Che agli orecchi di Gesù può aver avuto due risonanze. La prima: «mi giudicano per chi è mio padre ma io sono io non mio padre. E poi, tra l’altro, Giuseppe non è mio padre»

La seconda: «Pensano che un figlio di un falegname non può avere un’istruzione e una cultura?» Della serie: «puzza puzza». «E poi perché non dire che sono anche figlio di Maria: lei sì è veramente mia madre».

A quel punto Gesù rovina a tutti la festa del sabato dando il senso e il significato del suo annuncio: «Questa Scrittura che avete ascoltato oggi si è realizzata ma non per voi ma, citando un altro passo della Scrittura, per una vedova di Sarepta di Sidone e per un lebbroso, certo Naaman il Siro».

Apriti Cielo! Sidone e la Siria non sono periferia ma addirittura oltre il regno. La salvezza è solo per noi … non c’è posto per gli stranieri (un ritornello mai passato di moda).

Gesù vuole abbattere il muro dei preconcetti, del razzismo,delle ideologie e dei pregiudizi per proporre un nuovo regno … senza muri né confini. Ma non c’è spazio a Nazareth per un sognatore e, allora, i suoi compaesani gli innalzano il muro (stavolta quello del cuore che è il peggiore) cacciandolo fuori dalla loro città. Ora non è più la città anche di Gesù perché dove non c’è amore… non c’è nemmeno Dio.

Addirittura tentano di ucciderlo: l’amore, la fratellanza, l’accoglienza del lontano e del diverso faceva, e fa, paura. Dall’inizio del Vangelo si delinea la triste scelta che verrà fatta il Venerdì santo: meglio un delinquente omicida libero (Barabba) che un sognatore  in circolazione.

Il finale a me pare stupendo: ma Egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Non un Dio in fuga che scappa ma un Dio che ti scivola dalle mani e che va oltre … in cammino.

Sì, perché l’amore non puoi ucciderlo né fermarlo … puoi soltanto rifiutarlo o peggio fartelo scivolare via. Love in progress!

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