Non abbiamo più pietà dei morti: un cadavere alla deriva Probabilmente di un migrante non è stato recuperato

Se l’immagine del corpicino del piccolo Alan Kurdi, con la sua maglietta rossa riverso sulla spiaggia di Lesbo, aveva indignato il mondo, non altrettanto si può dire per l’istantanea di un cadavere tra i resti di un gommone, avvistato da un elicottero in acque Sar libiche.

Intercettato altre quattro volte, nei giorni successivi, nessuno ha cercato di recuperarlo ed il corpo ha vagato come un vascello fantasma.

Un’immagine che fa male ma nel contempo immortala l’indifferenza che oramai pervade le nostre coscienze. Neanche nei conflitti più sanguinosi è stata mai registrata una simile mancanza di pietà.

Quei resti che vanno alla deriva su un gommone oramai sgonfio, in noi non provocano né un sussulto né una presa di posizione. Abbiamo smarrito i valori fondativi della nostra cultura, il principio di dare sepoltura ai corpi.

Eppure i libri ci raccontano di Antigone che è stata pronta a morire e di Priamo che ha ottenuto la sospensione della guerra dal nemico Achille.

Il Mediterraneo è il luogo nel quale il 75 per cento dei migranti muore: il mare, come dice papa Francesco, è oramai un grande cimitero, ma a noi non interessa. «È colpa loro, non dovevano partire»: sono le orrende parole con le quali molti di noi si lavano la coscienza.

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