Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo XXXI domenica del T. O. (Anno A)

papa lava piediDal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:

«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.

Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

(Mt 23,1-12)


Da questo numero sarà monsignor Franco Puddu, biblista e vicario generale della Diocesi, a commentare il Vangelo.

A padre Christian – M. Steiner, il grazie per il servizio offerto negli ultimi due mesi.

Commento a cura di Franco Puddu

Nelle scorse domeniche abbiamo ascoltato quattro parabole riunite insieme dall’evangelista Matteo negli ultimi discorsi di Gesù: sul giusto salario agli operai mandati a diverse ore nella vigna, dei due figli, dei vignaioli omicidi e del banchetto nuziale. Tutte ci hanno provocato sulla urgenza dell’essere veri operai nel Regno di Dio. Seguono quindi tre polemiche: con i farisei sulla liceità delle tasse all’impero romano, con i sadducei sull’esistenza della resurrezione dai morti e con un dottore della Legge sul comandamento nuovo. Avendo costretto al silenzio i suoi interlocutori, «Nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo» (Mt 22,46), Gesù ora attacca apertamente e con violenza i suoi avversari religiosi, mettendo a nudo le vere e nascoste radici della loro resistenza.

Nel discorso odierno Gesù, rivolto alla folla e ai suoi discepoli, prima stigmatizza l’atteggiamento autoreferenziale e ipocrita degli scribi e dei farisei, tesi alla ricerca di sé piuttosto che al servizio della Legge, indicandoli come vere e proprie contro testimonianze riguardo proprio a ciò che insegnano, quindi si rivolge a quanti lo seguono insegnando a non imitare tali pessimi esempi.

È immediatamente individuabile in questo passo l’ascolto che possono farne le chiese e i fedeli in ogni condizione di vita, di ogni secolo e angolo della terra, ciascuno nella sua funzione sociale e impegno religioso: prima i «capi» e le «guide» nell’assemblea ecclesiale e nel popolo civile, chiunque abbia delle responsabilità educative rispetto alla corretta interpretazione della leggi, sia quelle civili, quando siano giuste, sia quanto al patrimonio della dottrina cristiana. Poi i semplici fedeli quanto al riconoscimento di Gesù come unico vero Maestro.

Non si addice al discepolo del Vangelo ambire in modo smodato a titoli e riconoscimenti, tanto più quando non vi corrispondono vere competenze ed autentiche responsabilità, magari cercando di imitare coloro che si atteggiano quali capi e maestri d’occasione.

La Legge e il Vangelo hanno il loro valore, indipendentemente dal modo in cui li vivono coloro che hanno l’ufficio dell’insegnamento, anche se è desiderabile che coloro che hanno delle responsabilità quanto all’insegnamento dei grandi valori della vita civile e della fede lo facciano davvero con competenza e rispetto.

Gesù riconosce gli scribi e i Farisei come fedeli interpreti della Legge, ma non altrettanto fedeli esecutori, rimproverandoli come ipocriti e maestri di ipocrisia, tanto più nell’atteggiamento rigoristico, che non solo non facilita la pratica religiosa, ma diventa uno strumento vero e proprio di cinico controllo delle coscienze dei deboli nella fede. Lo sfrontato atteggio per essere apprezzati e ammirati in pubblico diventa proprio la loro condanna.

Questa pagina evangelica insegna a riconoscere che anche chi svolge compiti di insegnamento e autorità nella Chiesa lo faccia come un servizio, gli appellativi di chi ascolta il Vangelo e lo insegna sono: discepolo, servo e fratello.

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