Ridare fiducia alle persone che hanno scontato la pena Una ventina i volontari che operano all'interno del penitenziario di Uta

Sono circa una ventina i volontari coinvolti nelle diverse attività portate avanti dalla Caritas diocesana nel carcere di Uta: i colloqui di sostegno, l’impegno nella biblioteca, il supporto didattico agli studenti, lo sportello/magazzino per la distribuzione di beni di igiene personale e indumenti per gli indigenti, il sostegno ed il coordinamento con il cappellano, per dare risposte alle richieste dei detenuti, l’organizzazione di eventi culturali, il Cineforum.

«Il nostro ruolo – spiegano Giampaolo Bernardini (referente area carcere) e Silvia Piras (volontaria area carcere) referenti del servizio affidati alle misure alternative della Caritas diocesana  – è quello di essere presenti, ascoltare, offrire empatia, dialogo, momenti in cui i detenuti possano “evadere” mentalmente dalla loro condizione di detenzione. Attività che vengono portate avanti in sinergia e confronto costante con l’amministrazione penitenziaria, in una continua ricerca di collaborazione».

Un’azione fondamentale anche da un punto di vista preventivo e rieducativo: «La nostra convinzione – continuano – è che, se esiste anche una sola possibilità di cambiamento dello stile di vita di una persona che ha commesso degli errori, ciò può essere possibile solo dandole fiducia, dignità e l’opportunità di ricominciare. L’accompagnamento dentro e fuori dal carcere è fondamentale, ed è indispensabile accogliere persone che saranno così più motivate e non delinqueranno più».

I detenuti mostrano gratitudine. «Si diventa per loro un punto di riferimento, una valvola di sfogo, e si riesce talvolta a instaurare con loro un rapporto familiare».

Un’esperienza toccante, anche da un punto di vista personale: «Significa entrare in un luogo che si immagina chiuso, e che, invece, costituisce una sorta di apertura al mondo. Colpisce la loro tenacia, speranza, voglia di reagire, andare avanti e riscattarsi».

La Caritas è impegnata anche nel «servizio affidati alle misure alternative», in collaborazione con il tribunale, l’Ufficio inter-distrettuale esecuzione penale esterna di Cagliari, per dare esecuzione anche alla normativa sui lavori di pubblica utilità. Gli«affidati» svolgono servizio, tra gli altri, nella cucina per la mensa Caritas, nello studio medico, nel Centro diocesano di assistenza, nel parco di Villa Asquer (servizio giardinaggio), nel centro polivalente Papa Francesco a Santa Croce.

«Cerchiamo con tutte le forze – continuano – di infondere fiducia, soprattutto nelle prime fasi. Chi esce dal carcere, infatti (normalmente) è più povero di quando vi è entrato, ha perso il lavoro e talvolta gli affetti. Poi, il supporto deve proseguire creando opportunità di promozione sociale. In quest’ottica, se è fattibile, l’esecuzione penale esterna diventa un’opportunità e uno strumento di riscatto sociale: opportunità per la persona e per l’intera società».

Maria Chiara Cugusi

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