Il riscatto dell’Italia può ripartire dalla scuola Riflessioni alla vigilia dell'inizio dell'anno scolastico

«Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci. E se siamo fedeli al nostro compito arriva al cielo la nostra statura».

I versi della poetessa statunitense Emily Dickinson aiutano a cogliere la portata di quanto accade in questi giorni con l’apertura del nuovo anno scolastico.

La scuola inizia con l’appello, un gesto non solo formale, che rimanda ai nomi, ai volti, alle storie dei ragazzi. Per tutti, nessuno escluso, c’è una chiamata a vivere la propria «altezza», a non mettere da parte le domande di bellezza, verità, senso della vita.

Il rianimarsi dei corridoi, delle aule, con le voci, gli sguardi assonnati e accesi dei ragazzi, è qualcosa di decisivo, ha a che fare con il presente e il futuro non solo dei singoli studenti, ma dell’Italia.

Da quelle aule, dalle vite dei ragazzi che le abiteranno, forse rimpiangendo l’estate finita sempre troppo presto, ma anche pieni di desideri, emerge una domanda irrinunciabile di futuro.

Questo appello appare spesso come un grido spezzato, che interessa poco fuori da quelle mura.

Per molti è solo roba da «addetti ai lavori»: insegnanti, studenti, famiglie. Colpisce, e non da ora, l’incomprensibile silenzio che accompagna la vita della scuola. Essa non occupa certamente il primo posto delle agende di chi governa e finisce nelle cronache solo per qualche episodio estremo. Eppure solo dalla scuola può partire il vero riscatto italiano.

Dove cercare di impiegare le risorse migliori, in termini di competenze da mettere in gioco e di investimenti da privilegiare, se non nella formazione delle nuove generazioni?

Il grave fenomeno della dispersione scolastica, i risultati problematici delle rilevazioni Invalsi sugli apprendimenti, il numero sempre più alto di giovani che, per necessità e non solo per scelta, lasciano l’Italia per proseguire i propri studi all’estero, costituiscono il «deficit» più terribile per il nostro Paese e ne pregiudicano lo sviluppo sociale ed economico.

Il tempo per invertire questo declino c’è, ma bisogna fare in fretta, agire subito. Le risorse più preziose da cui partire sono le tante persone che con passione e dedizione vivono la scuola, a cominciare dagli studenti e dagli insegnanti.

Nonostante le difficoltà, dal mondo scolastico, anche grazie all’impegno della Chiesa, attraverso l’Insegnamento della Religione Cattolica, i docenti cristiani, la scuola cattolica, deve emergere la «musica di Orfeo», evocata da papa Francesco nell’esortazione «Christus vivit», scritta in seguito al Sinodo sui Giovani:

«Lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita. È da rivendicare il diritto a non far prevalere le tante sirene che oggi distolgono da questa ricerca. Ulisse, per non cedere al canto delle sirene, che ammaliavano i marinai e li facevano sfracellare contro gli scogli, si legò all’albero della nave e turò gli orecchi dei compagni di viaggio. Invece Orfeo, per contrastare il canto delle sirene, fece qualcos’altro: intonò una melodia più bella, che incantò le sirene. Ecco il vostro grande compito: rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza e la condivisione» (n. 223).

L’auspicio per il nuovo anno scolastico è che la «melodia di Orfeo», con la sua bellezza, vinca il grigiore delle difficoltà e accompagni il cammino dei ragazzi.

Don Roberto Piredda – Direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica

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