Santoro: Far germogliare i semi per essere “lievito sociale” Il presidente del Comitato scientifico ha indicato la strada da seguire

Santoro«In questa Settimana sociale abbiamo fatto davvero una esperienza di lavoro comune: dalla preghiera, alla meditazione sapienziale sul valore del lavoro nella Bibbia, dall’ascolto dei drammi e delle criticità nel mondo del lavoro alle buone pratiche, dal dialogo critico tra di noi e con le istituzioni, alle proposte per il parlamento e il governo dell’Italia e dell’Europa». È cominciato in questo modo l’intervento conclusivo di Filippo Santoro, vescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore di questa 48ma Settimana sociale.

Il tema scelto, quello del lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, ha rappresentato senza dubbio una sfida soprattutto in un’isola, come la Sardegna, dove l’occupazione ristagna con alti tassi di disoccupazione tra i giovani, che, in molti casi, prendono la drammatica decisione di lasciare la propria terra alla ricerca di un’occupazione.

«L’aspetto centrale del nostro convenire – ha detto monsignor Santoro ai 1.180 delegati presenti – è stato il senso del lavoro che si identifica con il lavoro degno. Nel suo messaggio il Santo Padre ci ha detto: “La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e promuoverla”. Sono state sempre presenti dinanzi ai nostri occhi i volti delle persone, di chi non ha lavoro, di chi non lo ha più, di chi rischia di perderlo, di chi ha un lavoro precario o non degno perché incapace di sostenere il costo della vita e della famiglia». 

Sulle problematiche emerse nell’ambito lavoro, la Settimana sociale ha «preso in considerazione le più evidenti criticità – ha detto ancora il presule – e, tra loro, innanzitutto quella che riguarda il rapporto giovani e lavoro e quindi la distanza tra sistema educativo e mondo del lavoro, il lavoro delle donne, lavoro e cura della casa comune, il lavoro malsano, pericoloso e le altre criticità del lavoro», ha spiegato Santoro nella sua conclusione. «I nostri esperti – ha proseguito – ci hanno indicato le cause della disoccupazione e delle varie criticità identificando alcuni mali sociali. Innanzitutto investimenti senza progettualità, finanza senza responsabilità, tenore di vita senza sobrietà, efficienza tecnica senza coscienza, politica senza società, rendite senza ridistribuzione, richiesta di risultati senza sacrifici»

La Settimana sociale di Cagliari è stata definita «solo una tappa intermedia tra il percorso preparatorio che ha portato alla raccolta delle buone pratiche e il percorso futuro». E questa «rivoluzione di metodo può diventare un processo permanente in grado di informare, disseminare, innovare e valutare favorendo nascita e riproducibilità sul territorio»

Oltre alle proposte formulate al Parlamento e al Governo nazionale, e anche all’Europarlamento, la Settimana sociale chiede che i problemi sociali e i drammi della gente non siano «una nicchia in cui il potere economico – ha affermato il presidente del Comitato – tenta di confinarci, lasciando a tutt’altra logica la struttura portante della società nei suoi elementi culturali, economici e politici». E ancora la rilevanza pubblica dei cattolici deve «svilupparsi sino a incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti.  Nell’orizzonte si colloca poi il problema della povertà nelle sue forme differenti che è una ferita alla dignità umana che va curata e risanata».

Santoro, in conclusione, ha affermato che si «è arato il terreno», che si sono individuati «semi di vita che hanno bisogno di essere sviluppati per germogliare e dar frutto ed essere “lievito sociale”. Aratura, semina e coltura che hanno bisogno di un popolo che raccoglie la sfida della realtà e promuove la formazione di uno strumento di coordinamento, che possa incidere sulla politica nella prospettiva di una conversione culturale e di una rinnovata presenza dei cattolici nella società, come ci è indicato dai ripetuti interventi del Santo Padre e del presidente della Conferenza episcopale italiana».

Andrea Pala

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