Sconosciuti al fisco: quattrocento solo in Sardegna La Guardia di Finanza ha reso noti i dati relativi al 2018

Un argomento spinoso che spesso nessuno o quasi vuole trattare, ma che le cronache portano alla ribalta. L’evasione fiscale è una delle piaghe che il nostro Paese non riesce a debellare.

Lo dimostrano i dati nazionali e anche quelli regionali. Proprio questi ultimi sono stati resi noti nei giorni scorsi durante i festeggiamenti per il 245mo anniversario dalla fondazione della Guardia di Finanza.

Le celebrazioni – presenti le autorità civili, militari e religiose di tutta la regione – sono iniziate con la deposizione di una corona d’alloro davanti al monumenti ai caduti, nella caserma di viale Diaz, da parte del generale di brigata Gioacchino Angeloni, e poi proseguite al molo Ichnusa.

I numeri li ha forniti lo stesso Generale Angeloni, che è sceso nei particolari.

Da gennaio 2018 allo scorso mese di maggio sono state oltre 32mila le ispezioni concluse in Sardegna, 2.170 le indagini delegate dalla Magistratura.

Sul fronte della lotta all’evasione fiscale e alle frodi 205 i controlli eseguiti, con 184 persone denunciate. Sono stati scoperti 402 evasori che non avevano versato 16,2 milioni di Iva.

C’è poi il capitolo relativo alla spesa pubblica: 736 i controlli svolti su appalti, incentivi alle imprese, spesa sanitaria ed erogazioni a carico del sistema previdenziale.

Scoperte frodi comunitarie e nazionali per 9 milioni di euro. Particolarmente rilevante il lavoro svolto sugli appalti: il valore delle procedure contrattuali risultate irregolari ammonta a circa 79 milioni, contestualmente l’ammontare complessivo delle gare sottoposte a controllo si è attestato ad oltre 107 milioni.

Quanto al riciclaggio di capitali illeciti, 230 le operazioni condotte e 32 le persone denunciate. Gli uomini delle Fiamme Gialle sono stati impegnati anche contro i reati fallimentari: effettuati sequestrati di beni per 35 milioni di euro.

Un quadro non certamente idilliaco, che mostra come c’è chi continua a farsi beffe di coloro che pagano le tasse.

La sola strada della repressione non sembra essere così efficace, anche se occorre potenziare sempre più gli strumenti e il numero di uomini impegnati nei controlli fiscali.

Secondo alcuni studiosi bisognerebbe avviare anche un approccio diverso.

Quando era presidente dell’Agenzia per il terzo settore, l’economista Stefano Zamagni, oggi presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, ebbe a dire che «c’è una soglia oltre la quale la minaccia di sanzioni non produce effetti, effetti che si possono ottenere premiando i virtuosi».

In sostanza il solo deterrente dei controlli e di sanzioni può non funzionare. Per cui occorre lavorare sulla cultura e sull’educazione.

È necessario far comprendere che il proprio benessere e quello del nostro Paese dipendono anche da un rapporto corretto con tasse e balzelli: occorre una delegittimazione sociale degli evasori ed un plauso pubblico per chi versa il dovuto. La rivoluzione passa anche attraverso le parole: chi non paga le tasse non deve essere definito «furbo».

In realtà andrebbe delegittimato dalla società civile.

Roberto Comparetti

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico