Senza la croce non si è discepoli di Cristo XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

(Lc 14, 25-33)

Da questo numero sarà don Emanuele Mameli, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, a commentare il Vangelo. Il grazie a padre Fabrizio Fabrizi per il servizio reso nelle settimane prima della pausa estiva.

Commento a cura di Emanuele Mameli

Nel suo cammino verso Gerusalemme, così come strutturato nel Vangelo di Luca, Gesù, tra insegnamenti, miracoli, risposte e dispute, ha raccolto attorno a sé numerosi discepoli, attratti dai suoi gesti, dalle sue parole e dalla sua novità.

In tanti hanno accettato il suo invito, senza giustificazioni e senza resistenze.

Nel cuore di Gesù, però, emerge la necessità di precisare meglio i termini della chiamata e del significato di «essere suo discepolo».

Gesù avverte il bisogno di parlare ancora più chiaramente: non vuole né illudere né deludere nessuno. Desidera che i suoi discepoli sappiano bene qual è la direzione del cammino del Maestro: «verso Gerusalemme» cioè verso la croce abbracciata per amore e illuminata dalla resurrezione. Si fa largo in Gesù la preoccupazione che il suo, fino a quel momento, non sia stato un discorso chiaro e diretto rispetto alle condizioni ed esigenze del «Vieni e seguimi».

Un cammino contrassegnato da tutte le pagine evangeliche delle domeniche precedenti con le loro concrete e imprescindibili implicazioni nella vita quotidiana: fermarsi come il buon samaritano, sedersi ai piedi di Gesù come Maria e saper dare il primo posto all’ascolto della Parola, essere vigilanti e non farsi prendere dalla cupidigia, sforzarsi di entrare per la porta stretta e custodire l’umiltà.

Richiami che trovano la loro sintesi nel gesto di Gesù che, voltandosi, alla vista della folla numerosa che lo segue, traccia le coordinate per essere davvero suo discepolo: amarlo più di tutto e di tutti, perfino della propria vita, portare la croce dietro Lui e rinunciare a tutti i beni.

Le due similitudini dell’uomo che costruisce la torre e del re che intende intraprendere la guerra, hanno lo scopo di precisare la consapevolezza personale e la decisione di seguire il Maestro, senza voltarsi indietro e con sincera sapienza: lontano da emozioni passeggere, da idealizzazioni sterili e da pressapochismo inconcludente.

Discepoli di Gesù non part-time, né solo all’occasione e nemmeno con una adesione di facciata o formale, quasi di consuetudine. A Gesù sta a cuore che chi lo segue lo faccia con libertà, totalità, radicalità e verità.

Per questo motivo il Vangelo, accolto nella propria vita, aiuta a rileggere tutto di sé e a orientare tutto di sé seguendo i passi di Cristo per pensare come Cristo, vedere la storia e giudicare la vita come Lui, scegliere e amare come Lui, sperare come insegna Lui, vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito santo.

La «propria croce» è proprio la fedeltà quotidiana al Vangelo e a Cristo, attraversando l’inedito di ogni giorno fatto di incontri e volti cui relazionarci, scelte da prendere, circostanze con cui misurarci e da affrontare, gioie e dolori nostri e altrui di cui prenderci cura. Il riferimento a Gesù e al Vangelo prende il primo posto nel cuore, nella mente, nella totalità del discepolo ed è in riferimento alla verità di Gesù e del Vangelo che si è chiamati a compiere le scelte, anche quelle così fondamentali che riguardano gli affetti più cari.

Vivendo il Vangelo, abbracciando la croce, come Gesù ci ha insegnato, possiamo cominciare a «rintracciare le cose del cielo» laddove, in Dio e con Dio, si trova la meta finale del nostro cammino.

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