Sinodo dei giovani: frutti già «in fermento» Una lettura del documento finale

«Fa  pensare che duecentosettanta vescovi di tutte le parti del mondo prendano un mese di tempo per ascoltare i giovani. Quale gruppo di leader oggi prende un mese di tempo per confrontarsi con la realtà dei giovani?».

Le parole del cardinale Cristoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, aiutano a comprendere la portata di ciò che è avvenuto nelle ultime settimane con il Sinodo dei Vescovi dedicato a «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale».

Un primo e importante frutto del cammino sinodale è il Documento finale, che riprende i tre passaggi dell’episodio evangelico dell’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35): «Camminava con loro»; «Si aprirono loro gli occhi»; «Partirono senza indugio».

Questi tre movimenti non delineano soltanto una struttura utile a riassumere i contenuti dei lavori sinodali, ma intendono offrire anzitutto un vero e proprio metodo pastorale fatto di ascolto e vicinanza, capacità di annunciare l’essenziale della fede, coraggio nel proporre il Vangelo della vocazione e la chiamata alla santità.

Nella prima parte del testo l’ascolto è definito «un incontro di libertà, che richiede umiltà, pazienza, disponibilità a comprendere, impegno a elaborare in modo nuovo le risposte» (n. 6).

Il Documento indica tre «snodi cruciali» dell’attuale contesto giovanile: il mondo digitale; le migrazioni; la reazione ad ogni forma di abuso (cfr nn. 21-31).

Il testo evidenzia l’importanza decisiva della realtà degli affetti e delle relazioni e richiama l’urgenza per la Chiesa di offrire in questo campo «una parola chiara, umana ed empatica» (n. 39).

«Il Sinodo – si legge nel Documento – è consapevole che un numero consistente di giovani non ritengono la Chiesa significativa per la loro esistenza» (n. 53). Al contempo viene posto in risalto anche il protagonismo di molti giovani nell’evangelizzazione, specie tra i loro coetanei, e ciò «grazie a una limpida testimonianza di vita, a un linguaggio accessibile e alla capacità di instaurare legami autentici di amicizia» (n. 56).

La Chiesa, viene sottolineato nella seconda parte del Documento, è chiamata ad accompagnare i giovani nel percorso di fede e di scoperta della propria vocazione, camminando accanto a loro, «senza moralismi e senza false indulgenze» (n. 102).

Il contesto della comunità ecclesiale «offre opportunità concrete per la rilettura della propria storia e la scoperta dei propri doni» (n. 105).

Nella terza parte del Documento del Sinodo si ricorda come la missione della Chiesa con i giovani non sia quella di «fare soltanto qualcosa “per loro”, ma di vivere in comunione “con loro”, crescendo insieme nella comprensione del Vangelo e nella ricerca delle forme più autentiche per viverlo e testimoniarlo» (n. 116).

Il passaggio da realizzare è allora quello dalla centralità delle «strutture» pastorali alla cura delle «relazioni». Ciò va concretizzato negli ambienti della vita ordinaria dei giovani, come la famiglia, la scuola, gli spazi del tempo libero e del sociale, e all’interno della comunità ecclesiale (cfr nn. 128-137).

Il cammino sinodale non è concluso, passa ora alla fase attuativa. L’auspicio è che si possa realizzare quanto la scorsa domenica papa Francesco ha indicato nell’omelia della Messa di chiusura del Sinodo: «Il Signore benedica i nostri passi, perché possiamo ascoltare i giovani, farci prossimi e testimoniare loro la gioia della nostra vita: Gesù».

Roberto Piredda

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