Test e tamponi per il Covid 19, una guida rapida Il dottor Giuseppe Frau, è responsabile dell'ambulatorio della Caritas diocesana

Nelle ultime settimane, con l’emergenza legata alla pandemia da Covid19, siamo stati bombardati da programmi televisivi, notizie errate condivise sui social network, articoli sui quotidiani e commenti di ogni tipo.

Troppo spesso ci si è ritrovati di fronte a una mole di informazioni, a volte anche contraddittorie tra loro, tanto da aver generato confusione, soprattutto quando a parlare non erano addetti ai lavori.

Ora che ci ritroviamo nella cosiddetta «Fase 2», in cui i dati quotidiani relativi ai contagi e ancora di più ai decessi continuano a diminuire, cerchiamo di fare ulteriore chiarezza, considerando che non ci è concesso abbassare la guardia, a maggior ragione in questo particolare momento.

In un testo curato dal dottor Giuseppe Frau, medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, direttore sanitario dell’ambulatorio della Caritas diocesana di Cagliari, vengono spiegate le differenze tra i tre test «rapido», «sierologico» e «tampone» per la diagnosi da Covid19.

Rispetto a quanto affermato non sarebbe il caso di effettuare solo tamponi, magari facendoli a tutti?

Il tampone è sicuramente l’esame che certifica la presenza del virus, dal momento che si ricerca nel naso e nella faringe l’RNA virale. Sarebbe auspicabile fare molti più tamponi, ma i problemi sono molteplici. Intanto si tratta di un test che va ripetuto perché, in teoria, una persona con sintomi che fa un primo tampone potrebbe essere negativa, ma ha il virus in incubazione. Questa la ragione per la quale occorre ripeterlo ancora e, successivamente, fare il doppio tampone a fine isolamento. Un altro problema è che si tratta di una tecnica di biologia molecolare un po’ complessa e sono pochi i centri che lo possono fare, con pochi biologi e tecnici abilitati a farlo. Vengono per di più utilizzati dei particolari e specifici reagenti per quel tipo di tampone. Gli stessi reagenti non sono illimitati e c’è dunque anche un problema di approvvigionamento.

L’ideale certamente sarebbe fare tamponi a tappeto, ma ci si scontra al momento con la scarsità di reagenti. Sicuramente sarebbe opportuno farlo a tutte le professioni e categorie a rischio, ma purtroppo non è ancora così.

Detto ciò e vista la mancanza di tamponi per tutti, occorrerebbe autorizzare i laboratori specializzati pubblici e privati a fare i test sierologici come primo step e, ove ci siamo evidenze di presenza di anticorpi specifici, solo a quelle persone, fare poi il tampone.

Quando, una persona che ha contratto il virus, può essere dichiarata completamente guarita?

Si definisce guarito il soggetto che, dopo aver presentato la sintomatologia tipica da Covid, associata all’infezione virologicamente documentata, dopo aver effettuato isolamento e ricevuto le cure, è clinicamente guarito, cioè non presenta più i sintomi e in più ha effettuato, a fine isolamento, due tamponi risultati entrambi negativi, a distanza di 24 ore l’uno dall’altro.

Ad oggi, è possibile sapere se chi ha contratto il virus ed è guarito, è immune allo stesso virus e dunque non si ammalerà più?

Oggi ancora non sappiamo quanto duri l’immunità del paziente cosiddetto guarito, perché è un virus nuovo e ci sono diversi studi in corso. Al momento si può dire che se il virus dovesse mutare nel tempo, l’individuo che nel frattempo ha acquisito immunità potrebbe forse reinfettarsi, ma in forma più lieve come con l’influenza, ma questa tesi è ancora tutta da confermare. Come detto, essendo un virus nuovo, la ricerca si svolge in diretta e sono molteplici le sperimentazioni anche per un vaccino efficace, che speriamo arrivi al più presto.

Fabio Figus

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