Troppi matrimoni contratti con leggerezza Dai dati presentati dal Tribunale ecclesiastico regionale emerge che spesso i coniugi arrivano all’altare senza aver avuto sufficiente discrezione di giudizio

EvidenzaSabato scorso nell’aula Benedetto XVI del Seminario arcivescovile è stato inaugurato l’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico regionale.

Nel corso della cerimonia, il vicario don Mauro Bucciero ha fornito, nel corso di una dettagliata relazione, i numeri relativi all’ultimo anno di attività, dai quali emerge che, sempre più spesso, chi chiede le nozze al parroco lo fa con una certa leggerezza. I giudici hanno rilevato che a volte lo sposo o la sposa non hanno chiari alcuni concetti chiave. La Chiesa, ad esempio, non ammette un matrimonio nel quale ci sia chi esclude a priori la possibilità di avere figli. C’è chi ha detto il suo sì convinto che il matrimonio si potesse interrompere da un momento all’altro (senza un chiaro  concetto di indissolubilità), oppure convinto che tradire il partner non sia peccato.

Andando ai dati presentati emerge che, nel 2016 in Sardegna, sono state proposte 99 nuove cause: il Tribunale ecclesiastico regionale sardo ne ha ammesso 84 al processo ordinario e 6 al processo più breve.

«A queste — ha affermato don Bucciero — si devono aggiungere 8 processi più brevi ammessi dal vicario giudiziale del tribunale diocesano di Cagliari e un processo, con rito ordinario, celebrato nel tribunale diocesano di Tempio-Ampurias, per avvocazione del vescovo diocesano».

All’inizio dell’anno 2016 risultavano pendenti 128 cause. Nel corso dell’anno 105 sono state concluse dal Tribunale regionale, 5 delle quali più brevi. Al 1 gennaio scorso erano così 111 le cause pendenti con rito ordinario e 1 con rito più breve: circa il 12% in meno rispetto all’anno passato. La percentuale tra cause pendenti e quelle concluse nel 2016 ha superato l’80%. L’anno trascorso, rispetto al precedente, ha registrato quindi un aumento di cause introdotte, compensando, in parte, il forte calo rilevato nel 2016.

«Sempre lo scorso anno — ha ripreso il Vicario giudiziale — 97 cause si sono concluse con sentenza, di cui 5 pronunciate dai Vescovi diocesani nei processi brevi, mentre 8 sono state archiviate per rinuncia o perenzione. Di quelle che si sono concluse con sentenza, in ben 92 casi è stata riconosciuta la nullità del matrimonio, solo 5 con rito ordinario hanno avuto esito negativo. Tutti i cinque processi più brevi, pervenuti al giudizio del Vescovo diocesano, si sono conclusi con sentenza affermativa».

Quanto alla percentuale delle cause ancora pendenti varia di molto rispetto a quella degli anni passati: oggi solo il 13% delle cause (15 su 112) è pendente da più di due anni contro il 32% del 2010. «Attualmente — ha proseguito don Mauro — la causa più antica è pendente dal 21 febbraio 2014, poco più di 3 anni, nel 2010 la più antica risaliva al 1999 e a seguire una al 2000 e due al 2001, quindi oltre dieci anni».

Tra l’introduzione della causa e l’inizio della fase istruttoria si è passati dai 9 mesi delle cause introdotte nel 2010 ai 5 mesi del 2016, tempo quasi dimezzato e molto vicino a quello stabilito dal Codice. Il periodo che va dall’inizio dell’istruttoria fino alla sentenza è sceso di media dai quasi due anni nel 2010, a circa un anno nel 2015, anche in questo caso si registra un dimezzamento.

«Il tempo globale — ha concluso il Vicario — dall’introduzione della causa all’esecutività della sentenza, connesso alla possibilità di contrarre nuove nozze, si è ridotto di poco meno della metà, mentre nelle cause introdotte nel 2015 si è registrata una riduzione di oltre la metà, passando dai quasi 4 anni delle cause introdotte nel 2013 a un anno e mezzo del 2015».

Roberto Comparetti

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