Tutti i cristiani sono missionari

editorialeLa Chiesa universale celebra la 90ma Giornata missionaria mondiale, ed essendo all’interno dell’Anno Santo della misericordia, il tema-slogan di quest’anno è «Nel nome della Misericordia».

Papa Francesco, da quando guida la Chiesa, ha operato una rivoluzione copernicana: ha tolto la «e», sì una banalissima «e».

E così ha aperto nuovi meravigliosi orizzonti per la riflessione missionaria. Il Papa, con questa apparentemente banale sottrazione, ha voluto ricordarci che la missione non è un capitolo della vita e delle attività della Chiesa ma un elemento caratterizzante e identitario della natura e dell’essenza della Chiesa. Perciò via la «e». Non più  battezzati e missionari, preti e missionari, consacrati e missionari, consacrate e missionarie, laici e missionari, catechisti e catechiste  e missionari e così via… ma preti missionari, consacrati/e missionari/e, laici missionari, catechisti/e  missionari/e e così via.

Missionario, prima che un sostantivo indicante una figura, un ruolo, un ministero, un progetto, è un aggettivo caratterizzante ogni battezzato. Perché per sua natura il cristiano è missionario. Perché, come ebbe a dire san Giovanni Paolo II alla indimenticabile Gmg del 2000 a Tor Vergata «la fede che non viene donata ti marcisce dentro».

E allora tutti i battezzati cristiani missionari, non perché tutti facciamo i missionari, ma perché tutti siamo missionari. Ciò che siamo ha il primato su ciò che facciamo. Senza l’essere anche il fare si svuota di contenuto e significato. La missionarietà è la caratteristica del cristiano. Eliminando quella «e» papa Francesco ci ha detto che se non sei missionario non sei nemmeno cristiano.

L’accostamento alla misericordia, poi, ci aiuta a comprendere ancora meglio in cosa consista l’essere missionario: è un avvicinamento di cuori.

Il cristiano missionario è uno che cerca di accorciare e, se possibile, di colmare le distanze che separano i cuori e perciò le persone.

Siamo cristiani misericordiando, cioè accostando il nostro cuore a quello degli altri, soprattutto se poveri, malati, carcerati, assetati, affamati, migranti, bisognosi di affetto, ultimi.

Come avviene questo? Vedendo. Si, vedendo! È il verbo vedere il verbo missionario per eccellenza. C’è un detto africano molto saggio che recita così «Non puoi amare ciò che non vedi».

E non è a caso che papa Francesco demonizzi e stigmatizzi quella che definisce «la peste del secolo»: l’indifferenza.

Dove la vera bestemmia è dire con ipocrisia «Chi se ne frega», «Non mi riguarda», «Non spetta a me» e dove l’ateismo reale è dire: «Quell’uomo non esiste».

Appare indovinatissima l’icona di questa 90ma Giornata Missionaria: santa Madre Teresa di Calcutta. Di lei, don Tonino Bello disse: «Era una cristiana che quando guardava, vedeva».

Stupendo esempio di cristianesimo.

E allora basta con i cristiani missionari osservanti che non vedono, non vogliono vedere o, peggio, fanno finta di vedere.

La nuova evangelizzazione ci chiede di essere cristiani missionari che guardano con gli occhi per vedere col cuore.

Buona «visione» a tutti e buona missione a tutti.

Carlo Rotondo – Vice direttore Centro missionario diocesano

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