Una conversione pastorale in senso missionario L'analisi della «Istruzione » della Congregazione del clero

La recente «Istruzione» della Congregazione per il clero, «La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa», si pone nella prospettiva missionaria indicata da Papa Francesco, che nella «Evangelii Gaudium» afferma: «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita».

Nello stesso tempo si presenta in continuità con le indicazioni date in precedenza dalla Congregazione per il Clero, prima con l’Istruzione interdicasteriale del 1997 «Ecclesia de mysterio», su «alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti», e poi con l’Istruzione del 2002 «Il presbitero pastore e guida della comunità».

Nell’ultimo ventennio in Italia il tema della parrocchia è stato trattato diffusamente. Anche nella nostra diocesi già nel 1999, organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose, si è svolto un convegno di studi dal titolo «La parrocchia “cellula viva” della Chiesa locale: tra presenza e missione».

Il documento per un verso ha lo scopo di precisare e determinare alcune prassi pastorali che sono state attuate negli ultimi decenni nelle varie diocesi.

Infatti nel linguaggio pastorale non si parla più solo di «parrocchia» e di «vicariati foranei» ma anche di «unità pastorale» e «zona pastorale».

Per un altro verso incoraggia a cercare nuove prospettive di azione pastorale, tenendo conto dei cambiamenti storici, e adeguare il proprio servizio alle esigenze dei fedeli.

Alla base della presente Istruzione vi è l’indicazione della necessità di una conversione pastorale in senso missionario.

In modo particolare è detto che i parroci «devono avvertire con urgenza la necessità di una riforma missionaria della pastorale».

La riforma missionaria deve tradursi innanzitutto nella cooperazione tra le varie comunità parrocchiali.

Questo è richiesto dalla constatazione del cambiamento del rapporto tra parrocchia e territorio, dalla nuova cultura digitale, che caratterizza soprattutto le nuove generazioni, e dall’accresciuta mobilità delle persone.

Oggi il territorio non è più costituito solo da uno spazio geografico delimitato ma è dato da un «territorio esistenziale», dove i luoghi di appartenenza si moltiplicano e le relazioni interpersonali, con il mondo virtuale, si dilatano.

Dal punto di vista canonico, quando è richiesto dal diritto, il principio territoriale rimane pienamente in vigore. Tuttavia occorre confrontarsi con questa caratteristica peculiare del mondo contemporaneo.

La conversione pastorale in senso missionario deve tradursi, inoltre, nelle varie forme di corresponsabilità all’interno delle parrocchie tra parroco, vicario parrocchiale, diaconi, persone consacrate, laici.

La comunità parrocchiale è chiamata a essere segno vivo della presenza e della vicinanza di Cristo, attraverso una fraternità di persone, o una rete di relazioni fraterne, che è il segno più efficace di evangelizzazione e di testimonianza di fede nella carità verso i poveri.

In questo contesto si comprende come anche lo stile di vita dei presbiteri, fatto di sobrietà e trasparenza nell’uso del denaro, costituisce la predica più efficace per sensibilizzare i fedeli a contribuire volentieri alle necessità della parrocchia.

Monsignor Giovanni Ligas – Ordinario di Teologia Dogmatica – Facoltà Teologica della Sardegna

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