Vegliate ogni momento pregando, perché abbiate la forza I Domenica del Tempo di Avvento (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nu-be con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

(Lc 21,25-28,34-36)

 Commento a cura di Matteo Vinti

Da questo numero sarà Matteo Vinti, docente alla Facoltà teologica, a commentare il brano del Vangelo. Un grazie a don Emanuele Mameli per il servizio assicurato in queste settimane.

Immaginate per un momento di tornare a più di cent’anni fa; immaginate che non esistano cellulari, telefonate, sms, chat ed e-mail; immaginate che vostro figlio sia emigrato in America da qualche anno; immaginate non esistano aerei di linea, treni ad alta velocità, automobili rapide e sicure; immaginate che a un certo punto arrivi una lettera dall’America, e vostro figlio vi scriva che intenda tornare “verso Natale” a casa a trovarvi…

Almeno da metà dicembre, spazzereste tutti i giorni la casa, spolverereste ogni suppellettile come una gemma preziosa, fareste la spesa pensando a quale possa essere il pranzo della festa più saporito possibile per vostro figlio; e poi ogni ora, ogni quarto d’ora, ogni minuto, man mano che il Natale si avvicina, sareste lì, vicino alla finestra, a sbirciare, a spiare, i passi, la sagoma, l’ombra di vostro figlio che torna. E se dovesse tardare, e a Natale non ci fosse ancora, e a Santo Stefano, e i giorni dopo… Quanta trepidazione, quanto sospetto, quanto timore che possa esser capitato qualcosa! E le notizie sui giornali, e i possibili naufragi oceanici, e ogni incidente, lo spulcereste riga per riga, parola per parola. Ogni segno, ogni indizio, ogni preghiera, purché torni, purché sia al sicuro!

Ogni domenica noi ripetiamo il Credo. Ogni domenica ripetiamo con tutti gli altri fedeli: «e un giorno verrà nella gloria, a giudicare i vivi e i morti», «aspetto la resurrezione e la vita del mondo che verrà». Ogni domenica ripetiamo la nostra attesa, la nostra speranza, che il Figlio, il Figlio dell’uomo, il Figlio di Dio, torni. Ma quante domeniche, quante volte abbiamo ripetuto questa formula, questa frase, senza attenderLo davvero, senza fremere di timore e di speranza, con la passione che avremmo per un figlio d’America che torna! Perché Lui tornerà: e tornerà con potenza luminosa, come un tempo è venuto nel nascondimento di un presepe; e tornerà per giudicare, per vagliare il nostro amore.

L’attesa della parusia, del ritorno glorioso di Gesù, dello Sposo che la chiesa, sua sposa, invoca in tempo d’avvento con il grido dell’Apocalisse, «Maranathà», se però non è viva, come viva non è nella normalità dei giorni che passano spesso uguali l’uno all’altro, allora va educata. Va educata cercando ora i segni della sua presenza. Lui verrà: però già è venuto, già viene.

Dove sei, dunque? Dove è il tuo corpo, dov’è la tua dimora? Dove rimani, Signore? C’è un luogo per eccellenza che è la dimora di Dio tra gli uomini, ed è la chiesa, è la compagnia, è l’amicizia di quelli che credono e sperano in lui. Vivere la chiesa, rintracciare in essa i segni della sua dimora tra noi, ci educa a pregare e a domandare, senza paura, che lui venga nel suo avvento glorioso.

Guardare a te che credi più di me, a te che speri più di me, a te che ami più di me; lasciarmi sorprendere da voi, che lo cercate e lo attendete più di me; lasciarmi sorprendere da come lui agisce in te, in voi, permette a me di essere più attento ai suoi passi. E allora anch’io spazzerò la casa del mio cuore dalle «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita», apparecchierò il pranzo di festa della mia piccola carità, e lo accoglierò come si accoglie un figlio, un fratello, un re che torna a casa sua.

RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright Il Portico