Carcere di Uta al collasso: sovraffollamento e condizioni disumane La denuncia del garante Testa: mancano spazi, cuscini e riscaldamento ed è necessario un intervento per salvare la dignità dei detenuti

L’esterno del carcere di Uta (foto Ansa) e, nel tondo, Irene Testa, garante per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale

La situazione nel carcere di Uta, in Sardegna, è critica a causa del sovraffollamento.

Irene Testa, garante delle persone private della libertà personale, ha denunciato che la struttura ospita 762 detenuti a fronte di una capienza massima di 560. «Ci sono persone stipate in celle per due, dove vivono in quattro. Mancano persino i cuscini, e il carcere non è attrezzato per accogliere 200 detenuti in più», ha dichiarato Testa a Radio Kalaritana.

Le condizioni degli edifici sono inadeguate: d’estate le temperature raggiungono i 40 °C senza sistemi di ventilazione, mentre d’inverno manca il riscaldamento. «Non è giusto far vivere i detenuti in queste condizioni. Sono esseri umani e hanno diritto a trattamenti dignitosi», ha aggiunto. Il sovraffollamento non è solo un problema locale, ma riguarda tutto il sistema carcerario nazionale. In Sardegna, questa emergenza si contrappone al paradosso delle colonie penali quasi vuote, che potrebbero alleviare la pressione sugli istituti principali.

«Abbiamo ceduto 6.500 ettari di terra per le colonie, ma queste sono lasciate in stato di abbandono», ha spiegato la garante. Le colonie, che in Europa sono un modello di rieducazione, offrono ai detenuti opportunità di lavoro e abbassano i tassi di recidiva, ma non vengono sfruttate appieno. Testa ha sottolineato la necessità di interventi governativi per migliorare le condizioni dei detenuti e rispettare il fine rieducativo della pena, sancito dalla Costituzione.

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