È entrato in vigore il cessate il fuoco di 60 giorni tra Israele e Hezbollah in Libano, approvato dal Gabinetto di Sicurezza israeliano e mediato dagli Stati Uniti. L’accordo prevede tre fasi: il ritiro di Hezbollah a nord del fiume Litani, il ritiro completo delle truppe israeliane dal sud del Libano e negoziati per la demarcazione del confine, attualmente stabilito dall’Onu.
Il premier israeliano Netanyahu ha avvertito che Israele manterrà la «libertà di azione militare» in caso di violazioni, giustificando la tregua con la necessità di concentrare risorse contro l’Iran e isolare Hamas.
Dal Libano, il bilancio degli attacchi è drammatico: 3.823 morti, oltre 15mila feriti e un milione di sfollati. Il segretario Onu António Guterres ha esortato le parti a rispettare l’accordo, mentre il patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pizzaballa, ha ricordato: «Il cessate il fuoco non è pace. La pace si costruisce con relazioni pacifiche tra i popoli, ma non è un processo immediato». Padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, ha auspicato che la tregua si estenda anche a Gaza: «Speriamo che la guerra finisca e che il prossimo Natale sia di pace per i nostri cristiani».
Hamas si è dichiarato «pronto» a una tregua, definendo il cessate il fuoco una vittoria per la resistenza. A Beirut, dopo una notte di bombardamenti, il cessate il fuoco è stato accolto con fuochi d’artificio. Padre Toufic Bou Mehri, della Custodia di Terra Santa, ha raccontato: «La strada verso il sud è affollata di persone che tornano a casa. Speriamo che questa tregua porti finalmente la pace».
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