Disse loro Gesù: «Venite e vedrete»

II Domenica del Tempo Ordinario (ANNO B)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

(Gv 1,35-42)

Da questo numero sarà don Emanuele Mameli, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, a commentare il Vangelo. Grazie a don Andrea Busia per il servizio reso in queste ultime settimane.

Commento a cura di Emanuele Mameli

La III edizione del Messale, in uso da qualche settimana nella nostra liturgia, ha dato ampio rilievo, nella frazione del pane, ad un’immagine biblica che troviamo nel testo evangelico odierno. Infatti proprio l’espressione pronunciata dal Battezzatore «Ecco l’agnello di Dio» accende nei suoi due discepoli il desiderio di seguire Gesù: da quelle «quattro del pomeriggio» percepiscono che la loro vita sarebbe cambiata per sempre.

Nel Vangelo di Giovanni, tra i tanti richiami possibili, l’immagine dell’Agnello è in relazione alla Pasqua e alla Pasqua di Gesù, inchiodato in croce proprio nel momento in cui nel Tempio di Gerusalemme venivano sacrificati gli agnelli pasquali.

Anche un’altra opera giovannea, l’Apocalisse, descrive Gesù come l’Agnello immolato e vittorioso.

In questo senso possiamo interpretare le parole di Giovanni Battista come il segno indicatore per i suoi discepoli che finalmente l’ora è giunta: il Messia tanto atteso e desiderato ora possono trovarlo ed incontrarlo nel Rabbì di Nazareth.

Parole precedute da un gesto di incomparabile contemplazione e profondità: «fissando lo sguardo su Gesù che passava».

Gli occhi profondi di Giovanni Battista riescono a penetrare l’identità di Gesù, uomo così uguale a tanti altri della sua stessa regione, la Galilea; egli riesce a capire che dietro l’apparenza così normale di quell’uomo di Nazareth si nasconde l’Agnello di Dio.

Con questa profondità, Gesù stesso fisserà lo sguardo, alla fine del brano, su Simon Pietro, scrutando e portando alla luce ciò che ancora il fratello di Andrea non conosce e nemmeno immagina di sé.

I due discepoli del Vangelo sono andati da Giovanni Battista credendo che in lui approdasse per sempre il loro cammino di ricerca su chi e su che cosa possano riempire di senso la vita.

Giovanni ha indicato un altro, affidando alla mitezza di Gesù e al dono della sua vita per la salvezza del mondo la risposta alle loro domande.

Sono loro in ricerca ma è Gesù che chiede loro: «Che cercate?” È la sua prima parola nel quarto Vangelo, sotto forma di domanda: un interrogativo forte e non solitario.

Dio prende sempre per primo l’iniziativa, e così desidera far prendere coscienza all’uomo di ciò che abita il suo cuore e anima la sua vita, che cosa cerca di così importante e per cui intende spendere la sua esistenza.

I discepoli a loro volta rispondono con una domanda che si fa richiesta: «Rabbì, dove dimori?» e accettano la proposta di Gesù: «Venite e vedrete». L’uso del verbo «dimorare» nel Vangelo di Giovanni indica la condizione essenziale per entrare gradualmente ed intimamente nel mistero di Cristo. Seguono Gesù e si fermano presso di lui. 

La fede nasce da un’esperienza, la risposta approda a un incontro. Gesù, infatti, non è una verità astratta di cui impadronirsi, ma una persona.

La fede richiede stare con lui, conoscere ciò che lui dice, ciò che fa e perché lo fa.

Da qui nasce la testimonianza di ciò che il discepolo ha visto e ha udito.

Un cammino che approda alla promessa di Gesù nell’ultima sera: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» e che accompagna il discepolo oltre la morte: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore» (Gv 14,2).

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