XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga.
E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».
Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
(Mc 6,1-6)
Commento a cura di Walter Onano
Il brano di questa XIV domenica del Tempo Ordinario si trova nella prima parte del Vangelo di Marco che mette in scena il ministero di Gesù nella Galilea.
La fede è necessaria perché il Signore possa agire liberamente e donare abbondantemente le sue grazie: per la mancanza di fede dei suoi compatrioti, dice san Marco, non potè operare fra loro alcun prodigio.
Non riuscivano a credere in lui perché era uno di loro, non aveva niente di straordinario, l’avevano sempre conosciuto.
Proprio non si capacitavano come potesse essere qualcuno diverso da quello che loro vedevano.
Le reazioni che suscitò erano le medesime reazioni che aveva sollevato già altrove: ossia stupore ed ammirazione per una saggezza inspiegabile nell’ambito di una parentela povera; scetticismo e scandalo, per la sproporzione tra come appariva e quello che diceva e faceva; incredulità e rifiuto, per la difformità dalla tradizione.
Da qui si capisce che l’annuncio del Vangelo causa delle rotture nell’animo ed esige una scelta responsabile.
Gesù torna a Nazareth e tutti vanno ad ascoltarlo in sinagoga.
Forse è il concittadino più conosciuto.
E tutti, ascoltandolo, restano stupiti del suo insegnamento.
Ma lo stupore si trasforma prima in chiusura e poi in ostilità, quando il Vangelo chiede di cambiare vita.
Davvero quei concittadini, e questo può capitare anche a noi quando ci rifiutiamo di accogliere il Vangelo, hanno gli occhi aperti e non vedono, ascoltano ma non intendono.
Gli abitanti di Nazareth accettano che Gesù parli nella sinagoga anche lungamente, ma non possono sopportare che uno di loro, uno di cui conoscono, potremmo dire, pregi e difetti, possa parlare con autorità sulla loro vita e chiedere il cambiamento del cuore.
Spesso accade la stessa cosa con il Vangelo proclamato nelle nostre assemblee liturgiche: è una parola che può anche meravigliare per la sua profondità, ma non le permettiamo di scalfire le nostre abitudini, le nostre tradizioni, non le riconosciamo l’autorevolezza di mettere in forse l’amore per noi stessi, e di disturbare la nostra pigrizia.
Marco nota con tristezza che persino Gesù si meravigliò della loro incredulità e non potè operare nessun miracolo.
La chiusura all’ascolto del Vangelo e l’incredulità alla sua forza impediscono anche a Dio di operare miracoli.
Come possiamo notare, la radice dell’incredulità degli abitanti di Nazareth stava nell’incapacità di accogliere le manifestazioni di Dio attraverso la mediazione del quotidiano e del normale, cioè nelle vesti di un uomo che, nell’apparenza in tutto simile agli altri, si dimostra – in più – sconcertato dal loro rifiuto.
Il pretesto di questo atteggiamento era di difendere il prestigio di Dio, ma risultava un’ipocrisia bell’e buona, perché il gruppo dirigente ebraico voleva in tal modo difendere se stesso.
Il loro rifiuto, dunque, è solo un anticipo di quello finale sofferto a Gerusalemme, quando Caifa, rimprovererà a Gesù, che apparendo in tutto e per tutto semplice uomo, osava proclamarsi Dio.
È la sorte di tutti i profeti. E Gesù lo ricorda, proprio a loro.
La conclusione di questo brano però ci mette davanti alla ferma decisione di Gesù di non fermarsi. Gesù percorreva i villaggi, insegnando.
Non si ferma Gesù, non si lascia abbattere da questo fallimento, ma continua ad andare avanti.
E noi cristiani siamo chiamati ad andare avanti, a continuare ad andare avanti.
Il messaggio del Vangelo non si può fermare davanti alle espressioni di incredulità di alcuni.
Il messaggio del Vangelo deve correre.
Deve andare alla ricerca di cuori disposti ad accoglierlo.
Di terreni fecondi perché quel seme produca il cento per uno.
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