«Quando la disaffezione per la politica è molto alta, allora c’è bisogno di più politica per poter riavvicinare la gente». Così Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio regionale parla del rapporto tra cittadini e istituzioni. «La risposta ─ dice ─ per superare la distanza tra la politica e la gente è la buona politica, capace di ascoltare le persone e di avere una maggiore condivisione nelle scelte. Questo è il limite di molte amministrazioni che discutono le loro scelte a posteriori, quando hanno creato malcontento e generato insoddisfazione. La condivisione va cercata prima di approvare un provvedimento o una legge. La politica deve imparare a muoversi in questo modo, con una programmazione di buone prassi, grazie alle quali dare risposte alle istanze dei cittadini, in tempi tali da essere percepite come efficienti ed efficaci.
La consiliatura ha superato i tre anni di attività. Quale bilancio trarre?
Non è facile governare in questo periodo, perché la crisi economico-sociale sta mordendo pesantemente la Sardegna più che altre zone. Quello che si è cercato e si sta cercando di fare è di recuperare i ritardi storici in alcuni settori della Pubblica amministrazione, nell’organizzazione della Regione. Si è così avviata una stagione di riforme che ha previsto la riorganizzazione interna alla macchina regionale. Una delle limitazioni sempre evocate è la burocrazia: si è cercato di riordinare alcuni enti importanti come Forestas e Area (quest’ultima si occupa di edilizia popolare). Si è varata la riforma degli Enti locali, quella sanitaria e non ultima quella urbanistica, che ridisegna le modalità con le quali interagire con il nostro territorio. Si tratta di riforme delicate, la cui applicazione e i cui risultati saranno visibili solo tra qualche tempo, quando inizieranno a produrre i frutti, capaci di migliorare i rapporti tra cittadini e la macchina regionale. Stiamo vivendo una stagione di grandi riforme, che, come tutti i cambiamenti, provoca difficoltà nella sua fase iniziale, anche se noi crediamo molto nelle scelte finora fatte. Una volta portate a termine ed entrate a regime, le riforme saranno le risposte attraverso le quali la Sardegna ritroverà competitività: questi cambiamenti saranno capaci di dare seguito alle istanze dei sardi.
Legge elettorale, come stanno le cose?
Sono abbastanza preoccupato, perché c’è stato un rallentamento sui temi della riforma elettorale, che invece ritengo siano essenziali. La legge con la quale siamo stati eletti non garantisce la rappresentanza politica, nel senso che, in una situazione dove oramai vota il 50% degli aventi diritto, viene escluso chi ha ricevuto il 10 per cento dei voti: così non viene rappresentata la realtà del voto degli elettori. È il primo problema.
E il secondo?
Non c’è una rappresentanza di genere, elemento costituzionalmente assodato, presente anche nel nostro Statuto. C’è poi tutta una serie di interpretazioni fatte dalla Magistratura, piuttosto che dal Consiglio regionale, che hanno comportato una rivisitazione dell’Assemblea stessa. Ho provato quindi a indicare una proposta che tenesse conto dell’attuale situazione, capace di riattivare la discussione per arrivare a una buona legge elettorale, sicuramente migliore di quella attuale. Nella nuova legge è importante che ci sia la preferenza di genere, senza la quale ci ritroveremo, come abbiamo ora, quattro elette su sessanta. Uno squilibrio ingiustificabile rispetto alla realtà sociale e alla volontà espressa da tutti quanti.
Ultimo ma non per importanza: i sindaci e la loro sicurezza. Come disinnescare questa spirale di violenza verso gli amministratori locali?
Il tema è complesso perché gli episodi sono all’ordine del giorno, con il fenomeno in paurosa crescita. Da un lato c’è chi deve far rispettate le regole della democrazia, gli amministratori locali, dall’altra chi ritiene invece di poter mantenere dei privilegi, o di poter godere di eccezioni rispetto a quelle che sono le regole generali. Sono queste le principali motivazioni alla base della maggior parte degli attentati ai sindaci. Non si possono certo modificare le regole per evitare problemi. Credo che i sindaci oggi siano persone coraggiose, perché governano in una situazione difficilissima ed è sempre più problematico dare risposte ai cittadini, generando così malcontento. Ho grandissima stima per i primi cittadini e per gli amministratori locali, perché sono la prima rappresentanza dello Stato, i referenti della gente. A loro le persone si rivolgono per qualsiasi cosa, anche se non di competenza specifica di un sindaco.
Come se ne esce?
Creando una cultura della democrazia, della piena solidarietà ai sindaci. Solo così ci sarà un cambiamento e una maggiore condivisione delle scelte politiche e delle regole, senza trascurare la prevenzione. La Regione sta investendo in telecamere di sicurezza e in sistemi di videosorveglianza. Resta però fondamentale che i cittadini stiano vicino ai sindaci e assicurino loro massima solidarietà.
Roberto Comparetti
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