Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo

Battesimo del Signore (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo:

«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo:

«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

(Lc 3,15-16.21-22)

Commento a cura di Diego Zanda

Con la celebrazione della festa del Battesimo del Signore si chiude il tempo di Natale, tornando ancora una volta al tema proprio dell’Avvento: l’attesa nella venuta del Messia.

La liturgia si apre con la profezia di Isaia della prima lettura: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio»; anche nel Vangelo si sottolinea che «il popolo era in attesa». 

L’attesa, che è la dimensione propria della fede cristiana, è tuttavia, in Cristo, già compiuta.

Ma se la nascita ne annuncia la gioia, solo il battesimo ci attesta che questo compimento è avvenuto. 

Il battesimo è la garanzia che l’attesa è compiuta: i cieli si aprono e proclamano a tutto il popolo che la loro attesa si è realizzata nel Figlio amato.

Il battesimo di Gesù, quindi, posto alla fine del tempo di Natale, ci dice che il Natale non è fine a sé stesso, ma è teso verso un fine specifico: la proclamazione a figli.

Gesù nasce per questa missione: annunciare la vita nuova, vivere e proclamare la vita dei figli di un Padre che ci ama e che pone il suo compiacimento su di noi.

Sentirsi amati: questo è il senso della vita dell’uomo.

Il senso e la felicità dell’uomo, infatti, più che amare (che ne è la conseguenza) è essere amati, sentirsi amati da qualcuno che dona sé stesso per noi. 

Se il fine dell’esistenza dell’uomo è amare, questo si impara però soltanto all’interno di un amore che sempre ci precede.

Solo se facciamo esperienza di questo amore la nostra vita cambia, perché ci rendiamo conto che non viviamo più soltanto la nostra vita, ma la vita stessa di Colui che ci ama. 

Questa è la vita nello Spirito Santo, che è l’amore con cui Dio riempie i nostri cuori, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura. 

È interessante notare, a riguardo, che Luca sottolinei la forma «corporea» dello Spirito, che per definizione è incorporeo; questo a significare che l’amore di Dio, nello Spirito Santo, si incarna e prende forma nell’esistenza di persone concrete che accolgono tale dono: la vita dei figli di Dio può diventare carne. 

In questi giorni sono stato a Carpi a trovare don Gildo, l’ex Rettore del mio seminario di Roma, il quale mi ha fatto la bella sorpresa di andare a fare visita alle monache clarisse, tra le quali ho conosciuto una ragazza della nostra diocesi, suor Silvia. 

Dermatologa, lascia tutto per entrare in clausura.

Una pazzia direbbero in tanti.

Ma in chi storce il naso davanti a quello che il mondo reputa come «scandaloso», vorrei vedere lo stesso volto luminoso, lo stesso sorriso, la stessa pace, la stessa gioia che traboccava da ogni parte. 

In lei e in tutte le consorelle ho visto questa forma corporea dello Spirito. 

È stato davvero un dono del Signore, che mi ha riconfermato che chi scopre l’essere figli, chi scopre e conosce l’amore che Dio, chi scopre che può vivere sentendosi amato da Dio, questi ha la vita eterna, la vita nuova, la vita nello Spirito Santo.

Non bisogna per forza farsi monaca o prete quando si scopre questo amore, ognuno ha la propria vocazione; è sufficiente «semplicemente» iniziare a vivere dell’amore di cui Dio ci riempie il cuore.

La celebrazione del battesimo di Gesù sia allora l’occasione per riscoprire il dono del nostro battesimo, che troppe volte diamo per scontato.

Se contempliamo tale dono possiamo vedere anche noi i cieli che sopra di noi si squarciano, possiamo ascoltare anche noi la voce che dal cielo proclama e attesta: «Tu sei mio figlio, tu sei colui che amo, tu sei colui nel quale pongo il mio compiacimento». 

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