In genere si è parlato e si è scritto del Seminario regionale sardo e della Pontificia Facoltà Teologica del «Sacro Cuore» quasi esclusivamente in relazione alla capacità del clero di essere all’altezza dei tempi e delle problematiche della società sarda. Dal 2007, in occasione dell’ottantesimo anniversario di fondazione, si è cominciato a esplorare la storia di queste due istituzioni: sono stati aperti gli archivi, si è messo mano ai documenti, sono state ricostruite le vicende di due realtà che dal 1927 accompagnano il cammino della società sarda. Un lavoro storiografico nel quale si è distinto monsignor Tonino Cabizzosu autore di diversi saggi, articoli e ricerche confluiti nell’organico e documentato recente volume «Per una storia del seminario regionale di Cuglieri (1927-1971)» (Pfts University Press), primo di un’opera destinata a essere completata dalla storia cagliaritana del seminario, dal 1972 ai giorni i nostri.
Seminario e Facoltà sono le principali agenzie formative dei preti, prima, e auspicabilmente anche dopo, dell’ordinazione sacerdotale. Conoscerne contenuti, metodologie, funzionamento e processi culturali risponde, più che a una legittima curiosità, alla doverosa attenzione, e anche responsabilità, della comunità ecclesiale – gerarchia e fedeli – verso le istituzioni deputate a formare «veri pastori di anime, sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo, maestro, sacerdote e pastore». Fare entrare i sardi in questo «cantiere umano, sacerdotale, culturale, sociale» è uno dei principali obiettivi di questo volume, curato da Tonino Cabizzosu e Daniele Vinci. Una «miscellanea» di dodici saggi per cogliere «il divenire del sapere teologico in terra di Sardegna negli ultimi novant’anni». Tre di questi articoli riguardano la teologia morale (autori Giacomo Rossi, Roberto Caria e Stefano Mele), uno l’ecclesiologia (Mario Farci), la spiritualità (Dionigi Spanu), il diritto canonico (Alessandro Fadda), la storia della Chiesa (Tonino Cabizzosu), il ruolo della donna (Rita Lai), la formazione del clero (Riccardo Pinna). Gli ultimi tre contributi riguardano l’uso della lingua sarda ( Giampaolo Mele), pastorale e catechesi a Cuglieri (Tonino Loddo) e filosofia (Ignazio Ferreli).
Quasi tutti gli autori descrivono, in un 320 pagine, il «cammino sardo» del rispettivo insegnamento teologico, passato dalla ricerca ed elaborazione personale dei docenti isolati e senza la possibilità di confronto culturale con altre facoltà pontificie, caratteristica dei primi trent’anni di vita del seminario cuglieritano, alla transizione del periodo immediatamente pre-conciliare e quindi alla rivoluzione imposta dall’ecclesiologia del Vaticano II. Un’evoluzione resa possibile dal trasferimento della Facoltà a Cagliari, voluto con grande determinazione dai docenti gesuiti decisi a lasciare Cuglieri e ad abbandonare la direzione didattica.
Misura e segno di questa modernizzazione è l’insegnamento della bioetica, ufficializzato con questo nome nel piano di studi relativo all’anno accademico 1991-92, ma iniziato – con diversa denominazione – fin dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Questa materia, inizialmente affidata alternativamente a padre Sebastiano Mosso e a padre Umberto Burroni, poi per quindici anni a quest’ultimo, ha, in un certo senso, «sdoganato» la Facoltà, sottraendola al solo ambiente ecclesiastico e proiettandola nelle dinamiche culturali della società cagliaritana e sarda. Compresa la più recente riguardante la traduzione della Bibbia in lingua sarda e la predisposizione dei testi per la celebrazione della messa in limba da presentare alla Santa Sede per l’approvazione. Le pagine di «Fare Teologia in Sardegna» si propongono – scrive Francesco Maceri, dal 2016 preside della Facoltà – come «una testimonianza particolareggiata e chiara di una presenza accademica duratura, tenace ma non immobile, che ha segnato e segna senza clamori il profilo ecclesiale dell’Isola».
Mario Girau
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