Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Commento a cura di Rita Lai
La Trinità è stata la protagonista silenziosa, il soggetto sottinteso di tutte queste domeniche passate: iVangeli domenicali avevano sempre il punto di riferimento triplice del Padre, del Figlio e dello Spirito. Nella stessa promessa dello Spirito tornava puntuale il riferimento ai Tre.
Essi sono il grande mistero della nostra fede, il discorso un po’ difficile e imbarazzante che non possiamo o sappiamo affrontare, divisi tra la pienezza da contemplare e la pochezza del nostro linguaggio inadeguato, e ancora divisi tra l’icona di Rublev (nella foto) con la sua sconcertante bellezza e il pericolo di scambiare una pienezza per una mezza eresia. E invece nulla di tutto questo nelle parole semplici e dirette di Gesù, in continuità con la lettura di tutto il capitolo 16.
La parola chiave di questa liturgia è infatti pienezza, eccedenza. Sinonimi per dire un amore più grande di quello che l’uomo riesce a capire e quindi ad esprimere e che si fa persona. Padre, Figlio e Spirito: tre persone per esprimere un unico grande amore che non ha uguali.
Le «cose da dire» sarebbero molte ma diventano accessibili solo con l’aiuto dello Spirito il quale non solo ricorda e annuncia, ma dà anche la capacità di comprendere gli eventi; quello Spirito che, figlio della verità, non può che portare a tutta la verità, senza veli e senza sconti.
La pienezza della divinità avvicina l’uomo che se ne lascia investire ad una Verità che non è filosofica o razionale, ma alla Verità che permette di dare ragione e risposta a tutte le domande di senso che attanagliano il cuore del grande cercatore di Dio che è l’uomo.
Lo Spirito annuncerà quello che avrà udito, non parlerà da sé e non darà il suo, ma prenderà di quello che è del Padre e del Figlio e l’annuncerà.
In altre parole, quello che è del Padre e del Figlio è anche dello Spirito. Non è facile seguire questi giochi di possessivi del Padre, del Figlio e dello Spirito: il «mio» che pure c’è e fa parte della singola persona di ciascuno dei Tre diviene subito patrimonio comune e non è più «mio» ma «nostro», pronto per essere annunciato. È trasmissione bellissima e di vita: senza di essa i Tre non sarebbero quello che sono e l’uomo non riceverebbe la pienezza di questi doni.
La domenica dopo il tempo di Pasqua la liturgia ci fa gustare in pienezza la dimensione trinitaria di essa: Pasqua è un evento pienamente trinitario. Storia del Padre, storia del Figlio, storia dello Spirito, la Risurrezione è «evento della storia trinitaria di Dio»: si presenta come unità del movimento che dal Padre va al Figlio nello Spirito e dal Padre per il Figlio nello Spirito agli uomini.
La Pasqua ci rivela una Trinità tutta rivolta verso di noi nell’amore che ci offre la partecipazione alla vita dei Tre.
In questo senso questa è la specificazione ultima della Pasqua: l’evento fondante della nostra fede non è fatto solitario del Figlio fatto uomo e come tale morto in croce, ma meraviglia trinitaria, partecipazione attiva dei Tre, ognuno per la sua parte, quindi offerta di salvezza, parte del mistero di salvezza che Dio da sempre ha disposto per gli uomini.
Nell’evento della Risurrezione il Dio cristiano si mostra come triplice soggetto di storia: si offre come Dio che dona la vita al Figlio e agli uomini, Figlio che riceve la vita dal Padre e a sua volta la dona agli uomini, Spirito che unisce il Padre al Figlio e nel Figlio agli uomini.
La risurrezione diviene allora la manifestazione più chiara dell’agire storico di Dio nei confronti del mondo. E in questo agire storico meglio si chiarisce anche l’agire storico degli uomini: perché nessun uomo potrà mai più, dinanzi all’evento della Pasqua, restare neutrale o indifferente. Dovrà a sua volta prendere posizione.
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