Complice il caldo torrido di questi giorni e l’imminenza del ferragosto, in molti stanno vivendo questo periodo così complesso con un senso di distacco e per lo meno di minor partecipazione.
Eppure le tristi vicende di persone attaccate per il colore della pelle, come accaduto ai Giardini pubblici di Cagliari, dove due giovani rifugiati e le loro tutrice sono stati apostrofati con parole indegne, o sui social media, dove per bramosia di potere è stato attaccato un docente universitario compente e preparato come Vittorio Pelligra, collaboratore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro, le cui tesi più volte sono state ospitate sulle pagine del nostro settimanale, mostrano la pessima deriva lungo la quale sta scivolando il nostro Paese.
A Vittorio Pelligra e ai suoi familiari la massima solidarietà e vicinanza: da decenni conosco lui e la sua splendida famiglia, e insieme abbiamo percorso un cammino formativo comune.
Un vecchio adagio recita che «chi semina zizzania raccoglie tempesta».
In realtà siamo già in piena bufera: la diffidenza e l’odio, ampiamente sparsi negli ultimi anni, sono diventati strumenti con i quali guardare all’altro, specie se di colore diverso o se impegnato ad aiutare chi vive in difficoltà.
Si è colpevolizzata la povertà e la difficoltà altrui è vista come un iattura da evitare e, se possibile, da tenere a debita distanza.
Chi per vocazione, laico o consacrato, è impegnato nel sostegno dei più deboli viene visto come una «zecca» che va prima denigrata e bollata, poi emarginata.
Anche chi si professa credente è caduto in questa grande illusione, che ha alla base il motto «mors tua vita mea», oramai modalità di approccio nei rapporti interpersonali.
Non si contano giornali, siti, blog e altri spazi comunicativi nei quali il Papa, i Vescovi, e i fedeli che operano nelle associazioni di volontariato, siano denigrati e fatti oggetto di invettive o di critiche, anche da parte di chi si dice credente.
L’arcivescovo Arrigo Miglio ha pubblicato un messaggio sul sito della Diocesi nel quale ha ricordato alcune priorità.
«Gli episodi di intolleranza dei giorni scorsi – scrive l’Arcivescovo – sono preoccupanti per la loro gravità. Ledere la dignità delle persone a motivo della propria appartenenza etnica, degli orientamenti culturali, ideologici o affettivi, è quanto di più inumano possa essere posto in atto».
«Certamente – sottolinea ancora Miglio – siamo di fronte a un fenomeno dal quale, come cristiani, dobbiamo prendere nettamente distanza. Ma non si stratta solo di una condotta antievangelica quanto, piuttosto, di manifestazioni che sono segno del venir meno dei valori basilari di solidarietà e accoglienza».
«Ci siamo giustamente – evidenzia il presule – indignati lo scorso anno, nell’ottantesimo delle leggi razziali promulgate in Italia. Ora ci ritroviamo davanti a episodi che manifestano un razzismo non meno vergognoso. Invece di andare avanti rischiamo di tornare indietro».
«Episodi come questi – conclude l’Arcivescovo – ci ricordano che le conquiste civili non sono mai definitivamente acquisite ma vanno sempre rimotivate e consolidate».
Chi finora è rimasto alla finestra, la maggioranza, deve far sentire la propria voce.
Dante nel terzo canto della «Divina Commedia» racconta la pena degli ignavi, di coloro che non ha mai agito seguendo un’idea propria, mentre nel libro dell’Apocalisse i tiepidi hanno il destino segnato: «Sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap.3-16).
E’ tempo di far sentire la propria voce, riscoprendo che solo insieme possiamo fare le cose giuste.
Roberto Comparetti
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