Per capire i giovani occorre ascoltarli Nell’Aula Magna del Seminario arcivescovile ilconvegno regionale di Pastorale sociale e del lavoro

Mettere al centro i giovani dando loro la parola. Su questo rovesciamento di prospettiva si è sviluppato il primo convegno di Pastorale sociale e del lavoro, organizzato dall’Ufficio regionale. Una mattinata di dialogo e ascolto con protagonisti i giovani, le loro aspettative, i loro sogni ma anche le richieste per uscire da una marginalità decisionale che troppo subiscono.

Il concetto di lavoro, così mutato negli ultimi 30 anni, ha dato il via alle testimonianze di chi, nato alla fine dello scorso secolo, oggi si ritrova in mano un titolo di studio con una oggettiva difficoltà a spenderlo, alla luce di aspirazioni decisamente mutate: il lavoro non è più solo un mezzo di sostentamento economico ma uno strumento capace di realizzare la persona nella sua integrità.

Una richiesta che deve essere fatta propria dal mondo degli adulti, di chi ha potere decisionale. «Per farlo – ha detto Gilberto Marras, delegato regionale dell’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro – è necessario intervenire sulle politiche del lavoro. Spostando l’attenzione sul potenziamento delle competenze dei lavoratori, attraverso una formazione professionale che deve ritornare ad essere una priorità, realizzando corsi in collaborazione con le imprese locali. Creando incentivi per percorsi ingresso e uscita dal mondo del lavoro per far sì che i costi di assunzione siano ridotti».

Tra le azioni anche quella di un grande piano di investimento in istruzione per fare emergere le capacità delle persone, in un mondo del lavoro che richiede formazione continua. Ciò che è emerso nella mattinata di lavori in Seminario a Cagliari è la necessità di un approccio integrato tra istruzione, formazione professionale, supporto all’imprenditorialità e politiche attive del lavoro, per creare lavoro stabile, capace di recuperare il «senso del lavoro».

Le esperienze presentate dai giovani, chi psicologa del lavoro, chi neolaureato in economia manageriale, hanno testimoniato il desiderio di realizzazione attraverso l’attività professionale, senza sacrificare la qualità della vita. Concetto ripreso poi da alcuni giovani provenienti da centri dell’interno dell’Isola, che hanno ricordato la difficoltà di riuscire a rimanere nel proprio paese di origine, dove la qualità dei servizi e le opportunità di vedere pienamente realizzate le proprie aspirazioni non sempre trovano risposte adeguate.

Concetti che anche la presidente dell’Anci Sardegna, Daniela Falconi, sindaca di Fonni, ha portato all’attenzione dei presenti, sottolineando come, nonostante l’impegno degli amministratori locali, le fughe da piccoli centri continuino ad essere un fenomeno preoccupante. «Per invertire la tendenza – ha detto Falconi – sarebbe opportuno che le amministrazioni locali ricevessero i fondi in dotazione lasciando libera scelta sulla destinazione, in modo da realizzare progetti effettivamente necessari alle nostre comunità.

Troppo spesso i servizi alla persona, che assorbono il 50 per cento delle risorse comunali, sono appannaggio di realtà lavorative non legate direttamente al paese. Meglio sarebbe un utilizzo dei fondi con il coinvolgimento di chi vive in quella comunità, che la maggior parte delle volte impegnano donne».

Monsignor Baturi, vescovo delegato per la Pastorale sociale e del lavoro, ha ricordato il motivo per il quale si è partiti dai giovani. «Come dice il Papa – ha evidenziato – per capire è necessario conoscere. Solo quando incontriamo le persone possiamo dire di cominciare a comprendere le situazioni e i problemi che vivono. È il valore conoscitivo della testimonianza, che ci permette di capire le situazioni».

Roberto Comparetti

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