Solennità di Cristo Re dell’Universo (Anno B)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?».
Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno con-segnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?».
Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Commento a cura di Davide Meloni
È significativo che nell’ultima domenica dell’anno liturgico si festeggi Cristo re dell’universo.
Affermare, come fa la Chiesa, che Cristo è il re dell’universo significa dire che il mondo e la storia sono nelle sue mani. Cristo non è re soltanto in paradiso, ma è re del nostro mondo, signore della storia.
Si tratta di un’affermazione forte, che deve pian piano diventare sguardo sulla vita nostra e del mondo.
Il rischio infatti è quello di un’adesione formale a questa verità di fede, senza che però essa trasformi la nostra mentalità.
Tante volte guardando la storia, personale e collettiva, fatichiamo a dire che è Cristo a governare il mondo.
Cediamo spesso alla tentazione di pensare che sia il caos a regnare, che in fondo il male sia più forte del bene.
Di fronte alla storia ci scopriamo confusi, perché le cose non vanno come dovrebbero andare, la realtà presenta un volto drammatico, talvolta tragico.
Abbiamo perciò bisogno di essere rassicurati, di sapere che è davvero Cristo il signore del reale, che è lui a tenere in mano le redini di questo mondo che passa.
Ci aiuta il Vangelo di questa domenica, che ci mette sulla giusta strada per capire in che senso Cristo è re.
Nel dialogo con Pilato Gesù afferma: «Il mio regno non è di questo mondo». Con queste parole Gesù non sta dicendo che il suo regno appartiene esclusivamente ad una dimensione ultraterrena. Sta invece affermando che il suo regno è diverso dai regni di questo mondo.
Questi ultimi infatti si fondano sulla forza, la potenza, il prestigio, le risorse economiche.
Tutto ciò spinge le persone a comportarsi secondo quanto stabilito da chi ha il potere. Il che non è necessariamente un male.
Ma non è il modo che Cristo ha di essere re.
Gesù ha deciso di regnare in un altro modo: cambiando i cuori delle persone.
Il metodo scelto da Cristo è quello dell’incontro: egli bussa alla porta del cuore dell’uomo.
Se gli si apre la porta cambia le persone con il suo amore. Gesù dunque regna soprattutto attraverso un popolo di uomini e donne cambiati dall’incontro con lui, che diventano artefici di un mondo nuovo.
Potremmo dire che il suo regno è l’umanità nuova, inaugurata con il mistero pasquale, e di cui i cristiani sono la primizia.
Cristo ci chiama non ad essere sudditi, ma a regnare con lui. Proprio come afferma il libro dell’Apocalisse: «Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre».
Per mettersi in cammino nella storia e salvarla ha bisogno del nostro sì. Ha avuto bisogno del grande sì di Maria (“Mi accada secondo la tua parola”), ha avuto bisogno del sì di Pietro (“Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”) e oggi ha bisogno del nostro sì.
Questo perciò è il nostro vero compito nella vita, più ancora che essere bravi genitori, più ancora che essere stimati lavoratori, più ancora che darci da fare per il benessere nostro e delle nostre famiglie.
Il nostro compito nella vita è che, attraverso il nostro sì, Cristo possa essere presente per diventare sempre più signore del cosmo e della storia.
Chiediamo perciò a Dio la grazia di capire il significato della festa di oggi e di esserne profondamente confortati: al di là di ogni apparenza contraria, al di là della confusione e dello smarrimento che proviamo di fronte alle vicende della vita, l’universo intero è nelle mani di Cristo, l’amore fatto uomo.
È lui che conduce la storia verso il suo compimento.
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