Oltre duecentomila sardi al voto per rinnovare 64 amministrazioni locali, 13 delle quali ricadono nel territorio della diocesi di Cagliari.
In sintesi sono questi i numeri che riguardano l’elezione di sindaci e consiglieri comunali, primo baluardo dello Stato, come li definisce il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, che abbiamo intervistato. Un ruolo decisamente scomodo, quello dei primi cittadini, stretto tra pieghe dei bilanci sempre più scarni, attentati in continua crescita, eccessive responsabilità e decine di cittadini che ogni giorno bussano alle porte dei municipi, per avere ciò che troppo spesso è stato tolto loro.
Eppure l’invito fatto dal Papa lo scorso aprile ai membri dell’Azione Cattolica era esplicito: «Mettetevi in politica, quella grande», quella lontana dai giochi di potere, dal tornaconto di bottega e dagli interessi personali o di gruppo.
Un concetto ribadito anche dal presidente Ganau, confermando come, in tempi di scarsa attenzione alla politica, occorra invece più politica, fatta però di ascolto della gente e capace di dare risposte ai loro bisogni.
Il magistero della Chiesa parla chiaro: si stipuli un patto tra eletto ed elettore che impegni entrambi a un confronto continuo nel collaborare alla ricerca del bene comune.
Per chi verrà eletto non sarà facile. Essere sindaco oggi è difficile, parola di Gianfranco Ganau, già primo cittadino di Sassari tra i più amati. Eppure è necessario fare come il salmone: risalire la corrente per arrivare alla meta.
Scrive Francesco al numero 205 della «Evangelii Gaudium»: «Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo. La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune».
La bussola dell’azione politica è l’opzione preferenziale per i poveri, per gli ultimi, e di questi tempi, purtroppo, cresce sempre più il numero di persone ai margini. Il primo pensiero dei sindaci, dei consiglieri comunali sia di maggioranza sia d’opposizione, deve essere per loro.
Avere attenzione alle esigenze dei più bisognosi, ai quali vanno date risposte concrete: così si agisce per il bene comune. In caso contrario scatta l’allontanamento della gente con l’innesco di meccanismi perversi, che troppo spesso sono diventati merce appetibile per la cronaca giudiziaria.
Benedetto XVI all’Incontro mondiale delle famiglie, nell’aprile del 2012 a Milano, indicava in sant’Ambrogio una figura di riferimento per l’impegno in politica. «A quanti – diceva il Papa emerito – vogliono collaborare al governo e all’amministrazione pubblica, il santo richiede che si facciano amare».
Una bella sfida oggi quella di fare politica ed essere amati dalla gente.
Ernesto Galli della Loggia, sulle colonne del quotidiano «Avvenire», nei giorni scorsi ha ricordato il contributo che i cattolici hanno dato alla crescita del Paese. Oggi, con la loro frammentazione nei diversi partiti, anche su schieramenti opposti, «lo fanno – dice l’editorialista – a titolo personale. Niente da dire sulla testimonianza, ad affievolirsi è stata la cultura politica cattolica nel suo insieme, con ricadute molto evidenti sul piano dell’etica pubblica».
Quanto poi agli elettori la tentazione di proseguire in un continuo distacco dalle urne è decisamente controproducente: recarsi al seggio per esprimere il proprio voto significa contribuire al governo del bene comune.
In caso contrario si diventa complici di chi oggi viene accusato di malgoverno e di ricercare il proprio tornaconto.
Buon voto a tutti.
Roberto Comparetti
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