In questa terza domenica di giugno la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità e in diocesi si ricorda il prezioso lavoro che alcuni sacerdoti svolgono nelle missioni.
Quello di don Franco Crabu, che dal 1988 è in Kenya, a Nanyuki, dove ha realizzato una serie di iniziative oramai patrimonio della popolazione locale: dalle scuole al college, dall’ospedale alla casa per senzatetto.
In Brasile don Giuseppe Spiga ha di recente svolto il ruolo di amministratore della diocesi di Viana, prima della nomina del nuovo vescovo, oltre a mantenere la responsabilità del Seminario della diocesi brasiliana.
In Brasile opera anche don Gigi Zuncheddu, Vicario giudiziale e responsabile della pastorale matrimoniale.
In Europa don Antonio Serra è alla guida della Missione cattolica italiana a Londra, mentre a Liegi don Alessio Secci è al servizio anche della comunità cattolica in Belgio.
Cinque sacerdoti della diocesi di Cagliari che hanno lasciato tutto per andare a portare il Vangelo tra chi non lo conosce o è al servizio di chi è lontano da casa ma continua a chiedere di avere un riferimento della propria fede.
Spesso l’arrivo dei missionari coincide con un miglioramento delle condizioni di vita della popolazioni locali: sarebbe sufficiente farsi raccontare da don Franco Crabu come le persone di Nanyuki abbiano visto modificare in meglio la loro vita, grazie alle opere realizzate in oltre 30 anni di servizio «fidei donum».
Oppure si può domandare alle famiglie di Viana e zone limitrofe, che hanno figli in formazione in Seminario, che cosa significhi una scelta del genere, spesso foriera di riscatto sociale e morale.
Si potrebbe chiedere anche agli italiani che vivono a Londra e a quelli di Liegi quale sia il valore della presenza dei sacerdoti della nostra Diocesi.
La risposta sarebbe univoca: un grande grazie per il dono che la nostra Chiesa ha fatto ad altre sparse nel mondo. Chi decide di dedicarsi agli ultimi, lontano da casa propria, non è un eroe né tanto meno una persona in fuga, ma uno che ha in sé il desiderio di andare incontro agli altri.
Da qualche tempo queste scelte vengono criticate, specie quando accadono fatti violenti ai danni di missionari o volontari che si trovano in zone del mondo problematiche.
Finora, grazie al cielo, nulla o quasi è accaduto ai nostri sacerdoti, a differenza di tanti, troppi cristiani nel mondo, vittime della violenza in nome della fede.
Spesso, come hanno denunciato diversi missionari, dietro alle violenze sui cristiani ci sono interessi riconducibili alle multinazionali, che non vedono di buon occhio il lavoro di riscatto sociale portato avanti da sacerdoti, religiosi e religiose operanti in Africa, America o Asia.
Ci sono poi le centinaia di volontari laici, sparsi in ogni angolo del mondo che, per spirito di servizio e per desiderio di aiutare gli altri, hanno lasciato casa propria.
Alcuni purtroppo sono stati rapiti, come la cooperante Silvia Romano nelle mani dei sequestratori dal 20 novembre dello scorso anno in Kenya e della quale non si hanno più notizie.
C’è chi ha attaccato sia la scelta della giovane cooperante sia anche quella di suor Ines Nieves Sancho, 77 anni, uccisa in Centrafrica, e quella di padre Landry Ibil Ikwel, 34 anni, ucciso in Mozambico, ultime vittime di questi massacri.
I cristiani continuano ad essere tra i più perseguitati al mondo e spesso la notizia passa in sordina. Spetta a noi far sì che il prezioso lavoro dei missionari e dei volontari abbia il giusto riconoscimento e il sostegno adeguato.
Roberto Comparetti
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