Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:

«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.

E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.

Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

(Mt 10,26-33)

Da questo numero sarà Fabrizio Demelas, docente di Sacra Scrittura all’Istituto di Scienze religiose, a commentare il Vangelo. Il grazie a don Davide Meloni per il servizio offerto in queste settimane.

Commento a cura di Fabrizio Demelas

«Chiunque mi riconoscerà… anch’io lo riconoscerò; chi invece mi rinnegherà… anch’io lo rinnegherò».

Ogni volta che sentiamo queste parole restiamo colpiti dal tono di Gesù, secco e perentorio.

Così, la nostra attenzione si concentra sul secondo verbo: noi non lo rinnegheremo, no! S

iamo pronti ad affermare la nostra fede, anche se speriamo e preghiamo che non ci capiti mai di essere messi alla prova. Non lo rinnegheremo.

E, pieni di questa certezza, non ci accorgiamo di aver spezzato in due la frase di Gesù, che Matteo ha costruito per noi in forma parallela: riconoscere-rinnegare, non solo rinnegare.

Rischiamo di perdere, in questo modo, tutto il succo del discorso.

Dobbiamo riprendere il filo, dunque, seguendo Matteo dall’inizio.

Le parole di oggi fanno parte di un brano più ampio: Gesù manda gli apostoli in missione, la loro prima missione, e dà loro una serie di istruzioni.

Per prima cosa, Gesù delimita il loro campo di azione: i Dodici non devono andare dai pagani, ma ad annunciare la venuta del «regno dei cieli» alla gente di Israele, cioè a persone di fede, più o meno convinta.

Fatta questa premessa, Gesù prosegue con una serie di avvertimenti e di indicazioni per poi arrivare alle parole che leggiamo oggi.

Qui precisa innanzitutto che i Dodici devono annunciare, con «il regno dei cieli», anche tutto ciò che hanno imparato da Gesù durante il cammino.

Con Gesù, infatti, è arrivato il momento della rivelazione definitiva, tanto atteso da Israele, e i Dodici devono annunciare «dalle terrazze» «il regno dei cieli» insieme a tutto quello che per gli altri era «nascosto» e «segreto», cioè l’esperienza, che solo loro avevano fatto, di vivere con Gesù e avere la sua amicizia.

In che cosa consiste questa loro esperienza? Gesù lo spiega con un’immagine a tinte forti: l’esperienza che hanno fatto con Gesù è qualcosa che riguarda «corpo» e «anima», cioè l’uomo intero, tutta la persona umana nelle sue dimensioni di vita, da quella delle cose di ogni giorno a quella dello spirito.

I Dodici incontreranno, in Israele, chi rifiuterà il loro messaggio, ma sarà gente incapace di parlare dell’uomo intero, individui che, al massimo, «uccidono il corpo», cioè allontanano chiunque li inviti a una esperienza diversa.

I Dodici, invece, consapevoli di essere stati presi dentro una storia nuova che ha Dio, il Padre, come regista e garante, testimonieranno la loro relazione con Gesù, invitando tutti a riconoscerlo.

«Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini»: questo è il succo dell’annuncio. Non si tratta di accogliere una religione nuova e nemmeno di vivere con più fedeltà quella di sempre: si tratta di riconoscere che è arrivata una novità in una persona. Lungo tutto il suo vangelo, Matteo presenta Gesù come «il Figlio dell’Uomo», cioè il modello stesso di persona umana conforme al disegno di Dio.

Riconoscere Gesù significa riconoscere in lui l’uomo nuovo, l’uomo che corrisponde fino in fondo al progetto divino.

È il progetto del Padre che ha inviato il suo Figlio perché tutti possiamo conformarci a lui, diventare come lui, figli del Padre. Noi non lo rinnegheremo, certo.

Ma, prima di pensare a questo, dobbiamo essere sicuri di averlo riconosciuto e accolto davanti agli uomini.

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