La zona bianca in Sardegna: una questione di fiducia

Mentre il resto d’Italia va verso la chiusura la nostra Isola va controcorrente

Da lunedì scorso siamo in zona bianca.

Ecco l’ordinanza:

Un traguardo sperato da tanti, specie per chi gestisce un’attività come bar o ristoranti.

La sensazione per molti è di smarrimento, mista ad una grande prudenza: se non saremo capaci di gestire questa nuova fase, il timore è di precipitare verso ulteriori chiusure.

Non si tratta di un «liberi tutti», anzi sono state confermate le prescrizioni su distanziamento fisico, uso dei sistemi di protezione individuale e lavaggio frequente delle mani.

Quella che ci è stata data è una grande opportunità per vivere questo tempo di pandemia seguendo le giuste regole.

Da evitare gli eccessi di Roma e Milano, in particolare lo scorso fine settimana, quando sono state ignorate le più elementari indicazioni di prevenzione al contagio.

I primi giorni di questa settimana sembrano di relativa tranquillità, forse perché molti temono non solo per la propria o l’altrui salute ma anche per le attività economiche, che potrebbero subire ulteriori danni dall’eventuale serrata a causa dell’incremento di contagi.

Anche gli esercenti si stanno dimostrando più attenti nel far rispettare le regole: meno tavoli sulle piazze o all’interno dei locali, uso delle mascherine e distanziamento tra gli avventori.

L’auspicio è che la fiducia dataci dai responsabili della Sanità pubblica possa essere ricambiata da ciascuno di noi con comportamenti seri e ligi alle regole.

Lo stesso mantenimento del cosiddetto «coprifuoco» alle 23.30, è un ulteriore segnale su come non sia possibile abbassare la guardia.

In caso contrario sappiamo già cosa ci aspetta: chiusura delle attività, riduzione dei servizi e clausura forzata in casa, come un anno fa.

Il 1 marzo del 2020 entrava all’ospedale SS. Trinità il primo paziente affetto da Covid: in un anno sono quasi 1.200 le persone decedute a causa del coronavirus.

In questi giorni più di 12.500 sardi sono costretti in casa, in isolamento domiciliare: in attesa di una negativizzazione dal virus, non possono incontrare nessuno.

Sarebbe interessante ascoltare il racconto di chi ha perso un proprio caro per il coronavirus.

Oppure la voce di chi da settimane o mesi non esce di casa, visto che non riesce a guarire dal Covid.

Senza poi trascurare le testimonianze degli operatori del sistema sanitario, sottoposti ad un carico di lavoro e stress, non quantificabile.

Di tutto questo dovremmo tener conto nei nostri comportamenti quotidiani, in attesa che la campagna vaccinale prenda la giusta direzione: al momento l’Isola segna dati il passo.

Occorre accelerare, perché prima si vaccinano le persone prima si blocca la corsa del virus, anche nelle sue varianti.

Per il momento la lotta al Covid può essere portata avanti mantenendo fede alle prescrizioni che da un anno segnano la vita di ciascuno.

Pensare di trascurarle può rendere vana anche la stessa campagna vaccinale, vista la lentezza con la quale, al momento, viene portata avanti.

Un ultimo aspetto riguarda gli screening che nel fine settimana interessano la città di Cagliari.

Più tamponi vengono fatti più probabilità ci sono di individuare eventuali casi di positività.

L’auspicio è che quante più persone aderiscano alla campagna regionale, evitando le magre figure di altri territori.

In alcuni comuni si è presentato meno del 20 per centro dei residenti.

Roberto Comparetti

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