Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giu-deo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno con-segnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Commento a cura di Emanuele Mameli
«Dunque tu sei re?». Così Pilato si era rivolto a quell’uomo, o meglio, all’Uomo legato come un qualsiasi delinquente e sofferente, dal volto sfigurato per le percosse ricevute e pronto per una condanna menzognera e ingiusta.
Anche a noi, come a Pilato, viene chiesto di riconoscere in Gesù il re di un regno che non è di questo mondo e che non abbraccia le logiche di potere, di arroganza e supremazia tipiche delle costruzioni umane.
Più volte in queste ultime settimane, nel brano del Vangelo domenicale, abbiamo notato come il modo di parlare e di agire di Gesù e la sua prospettiva siano veramente «altro» rispetto alla nostra: le logiche del mondo di quaggiù sono quelle dell’apostolo Pietro che non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini, ma anche dall’intero gruppo degli apostoli preoccupati, più di tutto, per il primo posto da occupare piuttosto che per una Parola Nuova, quella di Gesù, da accogliere.
Un re che è venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Un re, Gesù, che dice di se stesso «Io sono la verità» e che conclude il suo colloquio con Pilato dicendo «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Tutto questo parlare di regno e di verità, forse, ci può sembrare lontano. Ma è proprio così che Gesù è presenta e regna nella nostra vita: aiutandoci a conoscere la verità e proponendosi come la verità da abbracciare, da custodire, da difendere.
Come «l’alfa e l’omega», come l’inizio senza inizio e la fine senza fine.
È dentro la storia di Dio Padre nel volto umano di Gesù che trova senso la nostra storia: è con Gesù che possiamo scrivere pagine belle e buone nella nostra vita; è con Gesù che, con le lettere delle nostre scelte, dei nostri pensieri, delle nostre azioni, possiamo comporre parole di pace, di speranza, di giustizia, di impegno per il prossimo.
È con Gesù che anche quelle pagine della vita che vorremo strappare dal nostro libro, possono trovare la giusta collocazione e così il senso e la luce della nostra storia con Dio.
E se il regno di questo mondo ci propone, come ci sta proponendo, che l’unica verità su cui costruire tutta la nostra storia è quella dell’egoismo, della forza, del potere a tutti i costi, del disinteressarsi di tutto e di tutti, il regno di Dio annunciato nel Vangelo risplende di una luce e di una prospettiva nuova: servire è regnare. Come Gesù, che ha amato fino alla fine, ha dato la sua vita, ha spezzato tutto se stesso perché dal suo atto d’amore arrivasse per noi la salvezza.
Scegliere per Cristo non garantisce il successo secondo i criteri del mondo, ma assicura quella pace e quella gioia che solo Lui può dare.
Lo dimostra, in ogni epoca, l’esperienza di tanti uomini e donne che, in nome di Cristo, in nome della verità e della giustizia, hanno saputo opporsi alle lusinghe dei poteri terreni con le loro diverse maschere e illusioni, sino a sigillare con il martirio questa loro fedeltà.
Il Regno di Dio, dentro il quale ci siamo anche noi in Cristo Gesù, ha un unico e solo ticket: abbracciare la croce del servizio, della verità, della fedeltà al Vangelo e all’uomo, così come ha fatto Gesù.
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