C’è bisogno di partecipazione alla vita pubblica

Manca un riferimento esplicito alla Dottrina sociale della Chiesa

Domenica 25 settembre siamo chiamati alle urne per il rinnovo dei componenti di Camera e Senato.

In queste settimane estive la campagna elettorale è stata caratterizzata da vistose polarizzazioni e «sulla scena – scrive Stefano De Martis di Agensir – si vedono soltanto leader impegnati in singolar tenzone contro altri leader e molti elettori – bisogna riconoscerlo – hanno ormai profondamente introiettato questo schema».

«La personalizzazione della competizione politica – continua l’ex direttore di TV 2000 – non è certo un fenomeno nuovo, se è vero che la crisi dei partiti di massa solitamente viene datata agli anni Ottanta del secolo scorso (Tangentopoli esplode subito all’inizio del decennio successivo). Il fenomeno però si è estremizzato in tempi più recenti nel solco di quella dinamica epocale che va sotto il nome di “disintermediazione”».

Ciò che sconcerta è la quasi assenza di dialogo e di proposte che siano per lo meno attuabili.

Andando a spulciare tra le righe dei programmi delle principali formazioni che si candidano al governo del Paese, si scoprono cose interessanti.

Ad esempio, quasi tutti sostengono la necessità di dare più risorse e realizzare maggiori interventi a favore della famiglia, ma c’è chi fa dei distinguo sul concetto stesso di famiglia, comprendendo anche le «nuove tipologie di rapporti familiari».

La maggioranza dei partiti insiste sulla necessità di un allineamento alle media europea della spesa pubblica per infanzia e famiglia e c’è chi promette il potenziamento dell’assegno unico.

Sul fronte scuola si continuano a registrare vistose divergenze, con qualcuno che, in caso di elezione, promette «l’abolizione dell’ora di religione per elementari e medie», mentre nelle scuole secondarie di secondo grado «dovrebbe essere sostituita da un insegnamento non confessionale, con l’abolizione della normativa che prevede l’esposizione di un simbolo confessionale, come il crocifisso».

C’è poi il capitolo sulle politiche sociali dove si registrano convergenze sul sostegno ad anziani e disabili, ma c’è anche chi chiede la ridefinizione degli ammortizzatori sociali e delle misure di sostegno al reddito.

Per quanto riguarda il Terzo settore si auspica il completamento del Codice e del registro unico, in modo da mettere nelle migliori condizioni operative il settore, una riforma che tarda ad essere conclusa.

C’è bisogno di partecipazione.

Sul delicato fronte migratorio si registrano le maggiori distanze tra tutti i partiti: da chi osteggia qualsiasi riforma del diritto alla cittadinanza a chi invece invoca una riforma in senso inclusivo, partendo dallo «Ius scholae».

Sullo sfondo però resta la modalità comunicativa, contrassegnata per lo più dal conflitto, «frutto della personalizzazione della competizione – scrive ancora De Martis – riconducibile in larga misura alla rivoluzione digitale, che ha messo fortemente in discussione tutti i corpi sociali che si definiscono “intermedi”, come i partiti».

«Oggi però i partiti così concepiti – conclude – mancano, è in assenza di un effettivo radicamento popolare, i leader temporaneamente vincenti vengono bruciati uno dopo l’altro in rapida successione, dopo aver catalizzato attese messianiche regolarmente smentite dai fatti». 

C’è infine un dato che riguarda la coerenza sia degli eletti sia degli elettori rispetto ai principi della dottrina sociale della Chiesa.

La centralità della persona, la nozione di bene comune, il lavoro degno, la tutela degli interessi dell’intera comunità e non di un singolo gruppo: di questo poco emerge nel dibattito politico.

Per questo c’è bisogno di partecipazione e dell’impegno di tutti nella vita pubblica.

Roberto Comparetti

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