«Cessate il fuoco»: l’appello alla pace

Numerose le prese di posizione per fermare l’escalation del conflitto in Terra Santa

(Foto AFP/SIR)

«Cessate il fuoco»: l’appello alla pace.

«A Gaza, si lascino spazi per garantire gli aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi. Cessi il fuoco!».

Ennesimo, accorato appello di papa Francesco per la pace domenica scorsa al termine dell’Angelus. «Nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi», ha aggiunto, con la richiesta di deporre le armi: «Cessate il fuoco! Cessate il fuoco! Fermatevi, fratelli e sorelle. La guerra sempre è una sconfitta», ha sottolineato il Santo Padre.

Un accorato appello che giunge a pochi giorni da quello del 27 ottobre, quando il Pontefice ha gridato: «Tacciano le armi! Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini! … La guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio e moltiplica la vendetta. La guerra cancella il futuro».

«Esorto i credenti – ha detto – a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace; ma non a parole, con la preghiera, con la dedizione totale».

Le diplomazie provano a disinnescare il conflitto ma al momento non c’è alcun risultato, alla luce delle polarizzazioni emerse anche nell’ultima riunione dell’Onu, la cui risoluzione non produrrà alcun effetto.

Mentre si moltiplicano gli appelli per una tregua, in modo che i civili possano lasciare le zone di combattimento, la cronaca rivela gli orrori che si susseguono da entrambe le parti.

Il Patriarca dei Latini di Gerusalemme, in cardinale Pierbattista Pizzaballa, nella lettera alla sua diocesi, ha affermato con chiarezza che quanto è avvenuto il 7 ottobre scorso nel sud di Israele, ad opera di Hamas, non è in alcun modo ammissibile e non può che essere condannato. 

«Non ci sono ragioni per una atrocità del genere».

Allo stesso modo le violenze che si stanno infliggendo a Gaza con migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, quartieri rasi al suolo, secondo il cardinale, non sono comprensibili e «non faranno altro che aumentare odio e rancore, non risolveranno alcun problema, ma anzi ne creeranno dei nuovi».

Secondo il cardinale, occorre avere «il coraggio dell’amore e della pace qui, oggi, significa non permettere che odio, vendetta, rabbia e dolore occupino tutto lo spazio del nostro cuore, dei nostri discorsi, del nostro pensare».

«Significa – scrive ancora il porporato – impegnarsi personalmente per la giustizia, essere capaci di affermare e denunciare la verità dolorosa delle ingiustizie e del male che ci circonda, senza però che questo inquini le nostre relazioni. Significa impegnarsi, essere convinti che valga ancora la pena di fare tutto il possibile per la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la riconciliazione».

In questo contesto la celebrazione di San Saturnino, patrono di Cagliari, in un capoluogo svuotato dal ponte di Ognissanti, assume valore nella misura in cui si è convinti che «l’educazione dei giovani – ha scritto nel suo messaggio l’Arcivescovo – è la più potente forza di trasformazione del mondo, per la sua umanizzazione, per rompere i determinismi e fatalismi con cui si impone la logica dell’odio».

«Educare al senso della vita, all’apertura alla realtà, all’incontro con l’altro, alla responsabilità per la costruzione della convivenza e della società, ha il potere di trasformare il mondo. Ci crediamo. L’educazione è questione di amore per i giovani e di speranza nel cambiamento della storia».

«Cessate il fuoco»: l’appello alla pace.

Roberto Comparetti

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